Il coronavirus è come il rock: viaggia senza passaporto

A vederlo in foto il coronavirus è bellissimo. Sembra un dipinto frutto della creatività di un artista in stato di grazia. La scienza e cronache mondiali di queste settimane, invece ci dicono che è meglio starne alla larga.

Guardando i suoi colori strepitosi, sembra impossibile che quella perfezione stia causando il panico mondiale. Però, come spesso succede, le apparenze ingannano e anche molto! Infatti il coronavirus è un nuovo ceppo di coronavirus, della famiglia della SARS, che è stato identificato per la prima nella città cinese di Wuhan alla fine di dicembre. Il virus, come tutti i virus che si rispettano, si è diffuso rapidamente causando tante morti. La metropoli e la zona del focolaio è stata isolata dopo che i numeri del contagio e delle vittime sono aumentati.

Ma i virus sono un po’ come la musica ribelle, e il coronavirus proprio come il rock di Ivano Fossati ha “viaggiato senza passaporto”. Nonostante le precauzioni, i blocchi e la quarantena, il coronavirus è arrivato anche in Italia con tutti i suoi sintomi ed effetti: febbre, tosse, difficoltà respiratorie. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e, ahimè, persino la morte. Ad oggi, 29 febbraio 2020, in Cina si sfiorano i 3000 morti, in Italia più di trenta. Si sta diffondendo rapidamente in tutta Europa, Francia e Germania ora anche gli USA

Già da una settimana, in molte regioni del nord Italia, Lombardia e Veneto, sono state varate delle misure straordinarie, che hanno portato a isolare le “zone rosse” mentre sono state disposte delle ordinanze regionali per la chiusura delle scuole, delle palestre e dei locali pubblici, comprese chiese e musei!

In pratica mezza Italia è bloccata. Praticamente si è divisa in tre zone: rossa, gialla e verde. La Sardegna per il momento è zona verde, ancora per quanto non si sa. Viaggiamo a vista. Per il momento come da ordinanza ministeriale a scuola abbiamo bloccato tutte le uscite e le gite programmate. In famiglia cerchiamo di evitare gli assembramenti troppo affollati. Aspettiamo che passi. Finirà sicuramente ma non si sa quando. Intanto qui facciamo il nostro solito lavoro, con maggiori precauzioni, stando attenti alle news, ma cercando di non farci condizionare troppo dagli allarmisti, ma di non prendere la cosa alla leggera.

Confido molto nella scienza e negli scienziati. Sono preoccupata per i medici, gli infermieri e tutti coloro che si stanno occupando della salute della Nazione. C’è gente, compresi i politici che da tanti giorni è sottoposta a uno stress elevatissimo. Qualcuno a furia di stare in tv o con il microfono sotto il naso si ritrova a dire delle stupidaggini e poi deve farsi scrivere le scuse da qualcuno che è più lucido di lui.

Sorrido davanti a quelli che si preoccupano delle partite bloccate, dei viaggi rimandati, delle prenotazioni saltate, delle scuole chiuse. Sarò fatalista, ma credo limitare il contagio, evitando gli spostamenti rinviabili, sia la cosa migliore da fare. Le vite umane sono preziose, salvaguardare gli anziani e i deboli è la cosa più importante.

Tutto il resto è rinviabile. Nel frattempo possiamo dedicarci ad attività che trascuriamo sempre. Quando potremo riprendere la vita normale magari ce la godremmo di più.

Perché scrivere un blog? Per chi scrive Speranza?

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Buon anno! Dopo averci pensato un po’ ho deciso di dedicare il primo post del 2020 alla riflessione scaturita leggendo il libro I Caffè della libertà e il post del blog Trippando di Silvia Ceriegi, blogger che seguo da un po’ di tempo.

Come ho raccontato in questo post, per un bel po’ di tempo ho pensato di chiudere il blog: avevo perso il gusto di scrivere, di dire la mia opinione. Tanto non interessava a nessuno. Tuttavia prima di chiudere baracca e burattini, mi sono documentata, ho letto tanti post di esperti del blogging e ho letto qualche libro sull’argomento. L’ultimo libro sull’argomento è stato I caffè della libertà, letto a settembre, quando avevo già deciso di rilanciare il blog e già comprato il dominio.

Così ho ripreso a scrivere con nuovo entusiasmo e a condividere i post nei vari gruppi a cui mi sono iscritta. Ho iniziato ad avere un mio pubblico, diverso da quello degli esordi, anche se qualche lettrice è della prima era. Bello, no? Ho iniziato anche ad avere giornalmente qualche visualizzazione dai motori di ricerca. Insomma, ciò che scrivo è apprezzato sul serio, me ne accorgo dal numero di lettori, che seppur di poco sono in crescita, e dalle visualizzazioni che talvolta, rispetto ai lettori, sono anche moltiplicate per 10. Cioé qualcuno trova per caso il mio blog e va a leggere anche altri post. Wow! Entusiasmante!

Tutto questo è ok però, come dicono le esperte e gli esperti di blogging, ad una erto punto occorre rispondere alle domande chi sono i tuoi lettori, per chi scrivi?

Queste domande mi hanno tormentato per mesi, avevo delle delle risposte non chiare, che non riuscivo ad afferrare, sfuggivano continuamente. In verità il nocciolo della questione non è dare una risposta alle domande sul blog, ma piuttosto rispondere alla domanda: che fare nella vita, in futuro? Ho già scritto nel post La stanchezza di una maestra che, dopo tre decenni e più d’insegnamento, sento il bisogno di cambiare qualcosa nella mia vita lavorativa. La scuola mi piace, ho ancora da dare molto, ma in un ruolo diverso. Vorrei stare meno in prima linea. I miei alunni sono in quinta e quindi l’anno prossimo qualcosa cambierà di sicuro, si tratta solo di decidere se subire il cambiamento o rendermi protagonista. La risposta la so già: non subirò il cambiamento, ho già in mente cosa fare, soprattutto cosa non fare.

Dall’inizio dell’anno scolastico sto riflettendo sulle cose che non voglio fare, chi non voglio essere, con chi non voglio lavorare. Sto lavorando su me stessa per sottrazione. Ho bisogno di aria nuova, di cambiare aria. Ancora non sono arrivata alla soluzione, ma non sono molto lontana. Un po’ di pazienza e avrò completato l’opera.

Tornando alle domande a cui deve rispondere la perfetta blogger: per chi scrivi, chi sono i tuoi lettori? Oggi rispondo che innanzitutto scrivo per me stessa. Sembra egoistico, ma è così, scrivere mi fa star bene. Quando per vari motivi, non trovo la serenità e il tempo per farlo sto male, divento nervosa. Vuol dire che scrivere per me è meglio che prendere una medicina. Parlo di me, dei miei interessi. Esterno le mie opinioni e le metto in ordine.

Scrivo per sentirmi meno sola. Scrivo per trovare compagnia. Il mondo sembra in mano ai maleducati, ai superficiali, agli odiatori di professione. Ho scritto sembra, perché in fondo non è così. Anche se si sta assistendo all’aumento degli episodi di intolleranza, noto che c’è sempre una risposta contraria. “E’ l’Italia silenziosa, che non ha mai smesso di fare del bene” come ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di fine anno. E’ un Italia che reagisce a costo di prenderle e di tornare a casa con il naso rotto per aver rimproverato qualcuno che non si comportava bene. Con orgoglio posso dire di far parte di questo esercito silenzioso, che fa il suo lavoro con onestà, che fa di più del suo dovere, a cui interessa non solo il proprio benessere, ma anche quello degli altri. Scrivo per dimostrare che si può stare in internet con pacatezza, serenità, senza essere eroi. Scrivo della mia semplice vita e del mio lavoro.

Scrivo dei miei viaggi, che ho intenzione di aumentare in maniera esponenziale.

Scrivo dei libri che leggo e delle emozioni che mi danno.

Scrivo della mia Sardegna che è davvero bellissima e a misura d’uomo, anche se la vorrei meno disperata e dipendente dagli altri.

Scrivo della bellezza e del piacere di notarla.

Scrivo e mi fa piacere essere letta, e ma mi fa molto piacere quando chi legge si prende la briga di scrivere il proprio parere.

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Diario di Viaggio a Barcellona: ultime 24 ore: pasta, Fideuà, rientro a casa e considerazioni finali

La mattinata del penultimo giorno, come ho scritto qui, è stata dedicata all’emozionante visita alla Sagrada Famiglia. Dopo la visita eravamo provati, disidratati e affamati. Miomarito dal giorno precedente era in crisi di astinenza da spaghetti, per cui ha cercato sul sito The Fork un ristorante dove gli cucinassero un piatto di spaghetti in grazia di Dio. E’ stato accontentato al Macchina Pasta Bar. Lì puoi scegliere il tipo di pasta e combinarlo con il condimento che vuoi. Mentre lui si spazzolava i suoi spaghetti al ragù, io ho mangiato dei ravioli agli spinaci conditi con del sugo ai funghi. Tutto veramente ottimo.

Macchina Pasta Bar Barcellona_ Spaghetti al ragù, Ravioli di spinaci con sugo ai funghi

L’ultima sera l’abbiamo trascorsa in giro a fare shopping. E giusto per non perdere il vizio di vedere monumenti e chiese siamo entrati nella Chiesa di Santa Maria del Pi. Abbiamo così ammirato dall’interno il gran rosone, che non è quello originale distrutto da un incendio, ma è comunque molto bello.

Barcellona: Bar Guell Tapas_ Fideuà morisca

Mentre facevamo gli ultimi giri, dando un’occhiata alla cartina, per controllare se potevamo visitare qualche altro monumento, mi sono resa conto che eravamo nei paraggi di Palazzo Guell, ma purtroppo quando siamo arrivati era già chiuso. Allora per consolarci abbiamo cenato presso Guell Tapas, dove finalmente ho preso un piatto di Fideuà, che è l’alternativa catalana alla paella. La ricetta è la stessa, ma il riso viene sostituito con spaghettini tipo i findellini. Io ho preso la versione morisca: con calamari e gamberi, che mi è piaciuta assai. Da provare a casa. Ho completato la cena con una bella crema catalana: potevo andare via senza mangiare questo dolce tipico? Appunto, non potevo.

Barcellona: Bar Guell Tapas_Crema catalana

La mattina successiva abbiamo chiuso i bagagli e, dopo aver fatto colazione al bar, abbiamo salutato Barcellona. Facendo il percorso inverso dell’andata, con il pullman siamo arrivati all’aeroporto di Girona, dove c’era il nostro aereo che ci ha riportati a Cagliari. Bentornati in Sardegna!

Ho dedicato a questo viaggio tanti post che mi hanno permesso di prolungare il viaggio e rivivere le sue emozioni. Devo dire che, anche se la meta del viaggio non è originale, i post hanno avuto un discreto successo. Grazie!

Come cinque anni fa voglio dedicare un po’ di righe alle riflessioni che si fanno al rientro di un viaggio.

Innanzitutto sono felice di aver avuto la possibilità di iniziare le vacanze con questo viaggio.

Sono felice di essere tornata a Barcellona e di aver completato quello che era rimasto in sospeso. Non sono andata a Monserrat, come avevo programmato, ma non ho nessun rimpianto, se Dio vorrà ci andrò, altrimenti pazienza. E’ andato tutto bene e questo non è scontato, nei viaggi ci sono sempre degli intoppi, questa volta non è successo alcunché degno di nota.

Ho notato che a Barcellona, secondo me, c’era meno gente rispetto alla volta scorsa, però il viaggio lo facemmo in alta stagione, fine luglio -inizi di agosto.

Cinque anni fa la città mi colpì per la pulizia, questa volta Barcellona mi è sembrata un po’ più sporca. Comunque niente a che vedere con le immagini della capitale italiana!

Abbiamo visto tanta povera gente che dorme nei portoni dei palazzi, addirittura organizzata con materassi e quant’altro. Non in periferia, ma in centro città! La volta scorsa invece vedemmo dei poliziotti che svegliavano i barboni, non era consentito dormire nelle panchine o all’aperto. Non so se la legge è cambiata, se sono diventati più permissivi o se è aumentata la povertà.

Abbiamo visto un gran numero di immigrati africani che aprivano i loro fagotti e improvvisavano un negozio con la merce taroccata. Queste scene le vedevo a Cagliari tanti anni fa nel Largo Carlo Felice, con le ho riviste a Barcellona. Ahimè!

Ho toccato con mano il problema della plastica usa e getta che finiva nell’indifferenziata: bottiglie, bicchieri, forchette, piatti e contenitori vari. Purtroppo, anche noi abbiamo contribuito ad aumentare la plastica! E non per cattiva volontà,  solamente qanon c’era altra possibilità. Sarei morta il primo giorno se avessi dovuto bere l’acqua delle fontanelle: era cloro allo stato puro. L’unica consolazione è stata che non abbiamo mai lasciato un rifiuto in giro e abbiamo sempre cercato i contenitori per differenziare. Una piccola goccia nel mare di plastica. I governanti devono trovare una soluzione, o più soluzioni, al più presto.

Questo è l’ultimo post dedicato al mio Diario di Barcellona.

Ringrazio coloro che mi hanno seguito fin qui.

Di questo viaggio ne ho parlato 

 qui_1 Pensieri di luglio

 qui_2, Diario di Viaggio Barcellona: L’organizzazione

qui_3 Diario di Viaggio Barcellona: primo e secondo giorno. Il viaggio, L’Aquarium e l’insalata a Placa Catalunya

qui_4 Diario di Viaggio Barcellona: terzo e quarto giorno. Il Castello del Montjuic, Mirò, La Messa alla Sagrada Familia e la scorpacciata di Pesce.

qui_5 Diario di Viaggio Barcellona: quinto e sesto giorno. La Pedrera, Casa Vincens, MACBA, Picasso, la Cattedrale e la Paella.

qui_6 Diario di viaggio Barcellona: settimo giorno. L’indimenticabile visita alla Sagrada Familia