Noli me tangere. Giotto, Basilica inferiore, Assisi
Bucaneve
Sapete cos’ero, come vivevo? Sapete cos’è la disperazione; allora l’inverno dovrebbe avere senso per voi.
Non mi aspettavo di sopravvivere, con la terra che mi schiacciava. Non mi aspettavo di svegliarmi, di sentire nella terra umida il mio corpo capace di rispondere di nuovo, ricordando dopo tanto tempo come riaprirsi nella luce fredda della prossima primavera:
impaurito, sì, ma di nuovo tra voi gridando sì, rischia la gioia
Riuscire a festeggiare degnamente il Natale 2020 sembrava un’impresa impossibile. Invece ce l’abbiamo fatta. Dpcm alla mano: abbiamo fatto la spesa e lo shopping natalizio, poche cose, prima che entrassimo in zona rossa. L’Antivigilia sono venuti a trovarci e salutarci dal vivo mia sorella, con mio congnato e i due nipoti universitari che vivono in Continente, in zone super rosse da un bel po’. Mia sorella vive in un paese a 50 km dal nostro, ci saremmo potuti organizzare in maniera diversa e passare il Natale tutti insieme, ma i ragazzi sono arrivati due giorni prima del lockdown e abbiamo preferito non rischiare. Non ci saremmo mai perdonate di aver contagiato mia madre. Ci siamo accontentati di esserci visti e scambiato i doni il 23.
Il 24 sera, con Marito siamo andati a trovare le nostre mamme. Da mia suocera vive un nipote, invece mia mamma vive sola, per cui ieri, il giorno di Natale siamo stati a pranzo da lei, ha preparato tante cose buone e siamo stati bene. Abbiamo pensato a goderci quello che avevamo, che non è poco. Ci venivano i mente aneddoti divertenti del Natale degli anni passati, quando c’eravamo tutti. La mancanza di chi non incontreremo neanche alla fine della pandemia c’è sempre, ma i ricordi belli e divertenti hanno prevalso su tutto il resto.
In mattinata ero andata a Messa a piedi. Non ho incontrato nessuno, e anche in chiesa c’era pochissima gente. Ma Dio non bada ai numeri, non è un box office, guarda i cuori di tutti. È questo il mistero del Natale, di un Dio che si fa Bambino e rende accessibile il suo messaggio a tutti.
Questo giorno è un giorno di spine di cose ghiacciate dentro cose nuove. Di parole chiamate fin dal mattino a pulire la camera mentale tutta intasata di faccende. Ma bisogna fermare ogni locomotiva del pensiero, ogni muscolo servile mettere toppe alle fessure perché il mondo non entri nella casa, col suo assillo di urgenze messaggere. Cosa volete da me? Lasciatemi un po’ sola. Un po’ silente. Lasciatemi alla scuola dei morti dove senza rumore si apprende un vuoto appeso, presente nutriente.