Di come si sta a scuola con la mascherina e di come se la sta cavando la mia classe e la loro maestra

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La nostra attività didattica prosegue interrottamente dal 24 settembre, ad oggi sono sette settimane. Accuso tutta la stanchezza del mondo e vorrei tanto una pausa di una settimana, come quella che fanno nelle scuole estere, un sano pit stop per caricare le batterie. Ne hanno bisogno anche i bambini. Chissà se un giorno anche il calendario scolastico italiano potrà avere queste pause salutari? Probabilmente sì, ma non sarò più in attività, e al mio ritiro ci vuole ancora molto tempo! Per cui si va avanti così.

Devo in verità ringraziare la buona stella, la botta di culo, la fortuna, perché ho una classe eccezionale. È una vera eccezione. Ho insegnato in tante classi e ne ho avuto molto belle, ben assortite e con genitori collaborativi, ma questa le supera tutte. È la classe che tutti vorrebbero: bambini svegli, attenti, con ottime capacità. Ma la perla, la perla nera sono i genitori: passano anche settimane senza che nessuno chieda qualcosa della scuola. Nessuno ha da ridire, polemizzare, accusare. Se c’è qualcosa di poco chiaro, chiedono gentilmente per sapere la procedura giusta o per chiarezza. Alla riunione hanno chiesto se tenevamo le finestre aperte tutto il giorno, abbiamo risposto che era una disposizione ministeriale, ma che teniamo aperti i vasistas e ogni ora arieggiamo. Abbiamo raccomandato di vestire i bambini con abbigliamento comodo e a strati perché li avremo portati fuori spesso. Finito lì.
Abbiamo avuto un momento di confusione all’inizio con le assenze e i moduli delle giustificazioni. Una volta chiarito e che il dirigente ha emanato la circolare, tutto è rientrato nella normale routine. A volte ci penso e mi sembra di vivere un sogno. Non vorrei svegliarmi e scoprire di essere su “Scherzi a parte”.

Però anche noi docenti siamo calme e stiamo facendo tutto a misura di bambino. Di bambino che da 10 giorni deve tenere la mascherina tutto il giorno, tranne che per mangiare. La mia è una classe a tempo pieno e il pomeriggio è dura vederli boccheggiare. Al primo cenno di stanchezza, che avviene attorno alle 15, usciamo tutti fuori per stare seduti, distanziati e con la mascherina abbassata. Sono quei dieci minuti che poi fanno scorrere velocemente l’ultima ora.

Insegno italiano e quest’anno non ho grandi pretese, non parteciperò a progetti, concorsi o altre iniziative: sono concentrata sulla letto scrittura, soprattutto su quella. Non c’è davvero tempo per altro. La metà del tempo la trascorriamo ad andare in bagno o a igienizzare le mani, i banchi e tutto il materiale che utilizziamo.

I bambini sono meravigliosi, rispettano le tre regole antivirus: mascherina, distanziamento e igiene delle mani. Le rispettano loro e le fanno rispettare. È così nella mia classe, e in tutte le classi della mia scuola e dell’intera Nazione. Sono stati stilati dei protocolli precisi e rigorosi, che vengono seguiti alla lettera da tutti. Gli insegnanti non ammettono deroghe, anche per non essere accusati di superficialità.

È la grande rivincita che noi insegnanti stiamo avendo: a scuola si rispettano le regole perché tutti gli insegnati le fanno rispettare. Per il bene di tutti non sono ammesse proteste, trasgressioni, né degli alunni e tanto meno dei genitori. Nessuno di noi si vuole beccare una denuncia per non aver fatto rispettare le regole.

La mia classe è meravigliosa, lavoro bene, ma torno a casa stanchissima e senza fiato. Parlare per tante ore con la mascherina non è facile. Asciuga la bocca e prosciuga le forze, infatti ho bisogno di molto tempo per recuperarle e non sempre vado a letto avendole recuperate.
Anche le energie psichiche sono provate dallo stare a scuola: bisogna stare attenti a tutto, c’è quel bambino scrupoloso che fa tutto bene, ma senza pensarci si abbassa la mascherina e si tocca il naso o si passa la mano in bocca. E bisogna igienizzare le mani. Oppure durante la ricreazione in cortile i bambini possono correre, ma distanziati, non è facile per loro, ma neanche per noi che dobbiamo vigilare.
Si sta in tensione per tanto tempo e alla fine della giornata scolastica si fa il bilancio: non va male, ce la stiamo cavando bene e sono contenta di tutto.

A volte, però, mi viene il magone e lo sconforto nel realizzare che se è vero che stiamo facendo tutto e i bambini si sono adattati e si cresce anche così, è anche vero che sono molto limitati, possono fare veramente pochissime cose e vederli tutto il giorno con la mascherina fa tanto male.
Non possiamo fare altrimenti. Dobbiamo fare così e sperare di superare indenni i mesi che verranno.

Una poesia di Mariangela Gualtieri per il giorno della Commemorazione dei Defunti

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Questo giorno è un giorno di spine
di cose ghiacciate dentro cose nuove.
Di parole chiamate fin dal mattino
a pulire la camera mentale
tutta intasata di faccende.
Ma bisogna fermare ogni locomotiva
del pensiero, ogni muscolo servile
mettere toppe alle fessure perché il mondo
non entri nella casa, col suo assillo
di urgenze messaggere. Cosa volete da me?
Lasciatemi un po’ sola. Un po’ silente.
Lasciatemi alla scuola dei morti
dove senza rumore si apprende
un vuoto appeso, presente nutriente.

Da “Le giovani parole“, Einaudi.