L’importanza dell’educazione degli adulti nella società

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Nei commenti al post precedente tutti concordavamo che, per incidere e combattere il patriarcato e la cultura dello stupro, occorre partire dall’educazione. Sono completamente d’accordo, la società italiana ha bisogno di più educazione. Ma la soluzione non è solo quella invocata a gran voce, anche in questi giorni: la scuola! La panacea di tutte le problematiche italiane: dedicare ore all’educazione, in questo caso educazione sessuale.
Chi propone questa soluzione, certamente ha la visione di una scuola che non corrisponde alla realtà odierna. Ricorda una scuola dove gli alunni sono tutti zitti, che ascoltano rapiti per ore l’insegnante, e che poi una volta istruiti mettono in pratica quello che è stato loro insegnato.
In nessun ordine del nostro sistema scolastico esiste più una cosa del genere, neanche al nido!


Le scuole non sono più quelle di una volta, gli alunni di oggi non sono più quelli di cinque anni fa! A volte in meglio, eh!
Ad esempio, con i miei piccoli alunni è capitato, incidentalmente, di parlare di uomini e donne che amano persone dello stesso sesso: nessuno si è meravigliato, tutti hanno annuito. Qualcuno ha parlato di zie e zii omosessuali che si sono sposati, che vivono insieme e loro abitualmente frequentano, a cui loro vogliono bene. Nessun clamore, per loro è un dato di fatto. Ma che bellezza! Il mondo non è perduto.

È vero che c’è tanto lavoro educativo da fare, ma anche la nostra cultura sta cambiando. Troppo lentamente, ma ci stiamo evolvendo. Solo il fatto che quando qualcuno dice o fa qualcosa di sbagliato ci sia una levata di scudi, molte volte è un fatto altamente positivo.

Non sono più accettabili, commenti, battute, gesti che 15 anni fa erano considerati normali.
Ricordo quando Michela Murgia, nel 2010 vincitrice del premio il premio Campiello, protestò al teatro La Fenice di Venezia, contro il presentatore Bruno Vespa che indicando la scrittrice Silvia Avallone alla regia disse: “Prego inquadrare lo spettacolare decolletè della signorina. Allora bene, complimenti”!
Se Michela Murgia non lo avesse protestato e apostrofato come “vecchio bavoso”, anche questo episodio sarebbe passato inosservato. Lui si offese, ma purtroppo non era la prima volta che faceva uscite del genere.
Credo che oggi a nessun presentatore italiano verrebbe in mente di fare una cosa del genere, per paura di essere redarguito in diretta e di finire nei trend di Tweet e quindi nelle pagine di tutti i media.

Certamente abbiamo bisogno di più educazione, soprattutto dell’educazione degli adulti, di quella dei genitori in primis.
Agli occhi dei giovani sembriamo eterni adolescenti: ci vestiamo, mangiamo e vogliamo fare tutto quello che fanno i giovani e i giovanissimi. Vogliamo essere sempre trasgressivi, poco inclini alle regole, vogliamo solo diritti e nessun dovere.


La maggior parte dei genitori demanda l’azione educativa alla scuola, alla parrocchia, alle società sportive e ricreative. Pensiamo che sia lo Stato a doversi occupare di tutte le educazioni possibili ed immaginabili. Tutti si dovrebbero occupare dell’educazione dei bambini e ragazzi, tranne quelli che se ne devono veramente occupare fin dal concepimento: i genitori.


A mio parere, purtroppo i genitori oggi sono impegnati a competere con i propri figli e figlie. Un esempio clamoroso l’ho avuto quando un terapista sbalordito, mi ha raccontato che una sua paziente deve dirimere tutti i giorni i litigi tra il figlio e il marito che si contendono l’uso della playstation! E non era neanche il primo caso

Alla gioventù noi adulti stiamo togliendo l’aria e lo spazio in cui crescere. Ci intromettiamo in questioni che dovrebbero sbrigare da soli, all’interno del gruppo dei pari e nel contempo non ci occupiamo delle cose veramente importanti.
Non accettiamo che ci vedano come gli adulti che dettano le regole. Per tenerceli teniamo buoni li compriamo con soldi, abiti, telefoni, permettendogli cose pericolose e fuori legge.

Non vogliamo vederli piangere, soffrire. Non sopportiamo che ce l’abbiano con noi. Diciamo sempre sì, a volte mettendo a rischio la loro incolumità e quella degli altri.
Quando succede l’irreparabile è troppo tardi. La maggior parte delle volte la tragedia è dovuta a tutti quei sì che invece dovevano essere dei no!

La gioventù è veramente bisognosa di adulti che diano sicurezze e certezze. Ha bisogno di porti sicuri dove approdare. Se chiedono qualcosa la cui risposta è no, deve essere sempre no. All’infinito, no. Non ci devono prendere per sfinimento.
Chiedono sicurezze, limiti che non diamo e che invece i giovani invocano a gran voce. Vogliono adulti veri, non finti giovani.
I genitori devono assolutamente prendere in mano l’educazione dei propri figli. Se non si capisce questo concetto e si agisce di conseguenza, la maggior parte di quello che si fa esternamente alla famiglia non avrà successo. Sarà destinato al fallimento.

La prima agenzia educativa è la famiglia, i genitori, tutte le altre agenzie educative sono di aiuto, non si possono sostituire alla famiglia. La scuola, la parrocchia, le società sportiva e ricreative aiutano la famiglia nel percorso di educativo dei bambini e ragazzi. Non sono agenzie educative sostitutive o alternative alla famiglia. I genitori sono i presidenti di questa agenzia, non devono demandare a nessuno questo compito. I no devono essere prima detti dai genitori. .

Nella società odierna invece i genitori sono amici, complici, sindacalisti, avvocati dei figli. Noi, le altre agenzie educative siamo in balia dei genitori. Non abbiamo più la sicurezza, abbiamo paura di dire dei no, di far rispettare le regole. I genitori vogliono sempre la deroga, l’elasticità. Maestra, mio figlio ha dimenticato il quaderno a casa, solo per questa volta, posso portaglielo nel corso della mattinata? NO! a te, a tuo figlio e a tutti gli altri alunni, oggi, domani e dopodomani. Sarà sempre no. La lezione non sarà persa, qualcuno gli darà i fogli. La prossima volta starà più attento.
È pazzesco, non si capisce che si impara a rispettare le regole dei grandi cominciando da piccoli. Dovrebbe essere ovvio, elementare, lampante, certo. Invece sembra così tremolante e traballante.
Diciamo la verità: nella scuola, nella parrocchia, nelle società sportive e ricreative aleggia la paura dei genitori e della loro reazione. Quanto ci vuole a ritrovarsi in una shit storm (tempesta di merda) nei social? Quanto ci vuole ad essere aggrediti verbalmente o fisicamente? Quanto ci vuole ad essere minacciati di denuncia o essere denunciati davvero, per una parola, un voto o una bocciatura? Non ci vuole niente. Anche se poi si risolve bene, son sempre dolori e affanni che causano insicurezza e ansie. Ma chi me lo ha fatto fare?
La prossima volta ci penserò bene a fare quel che è giusto. A rischiare la pelle per educare i figli degli altri. A perdere cause nei tribunali, dopo aver perso credibilità, sonno, soldi, certezze.

Che futuro può avere una società i cui insegnanti ed educatori hanno paura delle reazioni dei genitori? Il futuro ora come ora non sembra essere roseo, sembra che non sappiamo che pesci pigliare. È certamente difficile trovare voci positive in questo marasma quotidiano di notizie stremente. Tuttavia ci sono insegnanti, educatori che non si fanno intimidire. Ci dicono le cose come stanno e ci danno indicazioni sulla strada da percorrere. Addirittura anche in Sardegna sono state aperte delle scuole educative per adulti, tra l’altro molto seguite.

Se vogliamo, il futuro non è così fosco come sembra.
Animo, genitori, insegnanti, educatori, adulti, non tutto è perduto!





Il patriarcato, la cultura dello stupro: mi sto preparando all’inizio del nuovo anno scolastico.

È da tanti giorni che rifletto sull’opportunità di scrivere un post sulla violenza nei confronti delle donne, visti i casi esplosi quest’estate. Anche se a pensarci bene è un tema, purtroppo ricorrente. Non c’è un periodo più favorevole di un altro per organizzare uno stupro, possibilmente di gruppo. Perché si sa che “le cose più belle si fanno con gli amici”. Così ha chattato uno degli stupratori di Palermo.
Di solito non leggo i resoconti dettagliati delle cronache di stupro, le considero morbose, mi fa male leggerle e spesso non aggiungono niente alla notizia.
Questa volta ho preso coraggio, ho letto le trascrizioni delle chat dei messaggi che si sono scambiati gli stupratori, prrima e dopo lo stupro, che ovviamente è stato filmato e condiviso. Dire che le parole mi hanno annichilita non rende bene. I concetti e le parole sono orribilmente disgustose, mi danno la nausea.

Chi le ha scritte non sono bestie o mostri. Sono ragazzi che dimostrano di essere lucidi. Sapevano benissimo cosa stavano organizzando e il male che stavano facendo. Probabilmente non era neanche la prima volta.
Nonostante i filmati e le chat li accusino senza dubbio alcuno, gli stupratori hanno cercato di screditare la ragazza: era ubriaca, ci stava.
Il vilentatore minorenne all’inizio ha evitato il carcere perché con il giudice ha fatto finta di essersi pentito. Ma poi dalla comunità per minori mandava video su Tik Tok, nei quali si vantava e diceva che, dopo la sua orrenda impresa, migliaia di ragazze messaggiavano per stare con lui. Migliaia! Questo è quello che dice lui. Vorrei proprio contarle e vederle in faccia queste ragazze che vorrebbero essere stuprate e lasciate esanimi e bisognose di cure. Come no! Milioni di ragazze!
Purtroppo invece è vero che centinaia di migliaia di ragazzi hanno cercato di entrare in possesso del video dello stupro. Tant’è che il garante della privacy ha comunicato che “chiunque diffonda o condivida il video dello stupro verrà sanzionato civilmente e penalmente”. Cioè pagherà una multa salata e andrà in galera.
Questa vicenda mi ha colpito e sto seguendo con attenzione, soprattutto le reazioni dei media, dei social, dei giornali e telegiornali.
Noi non ci rendiamo conto, ma siamo permeati dalla “cultura dello stupro”, cioè nella nostra società italiana, ogni giorno usiamo parole, abbiamo atteggiamenti e modi di fare, che, anche inconsapevolmente favoriscono in qualche modo la violenza, lo stupro.
S’è cercata. Si veste come una puttana. Ha gonna troppo corta. È troppo scollata. Aveva bevuto. Era ubriaca. Era consenziente. Se la sono fatta tanti prima di me, noi.
Queste sono parole che i maschi usano per difendersi. Se una donna o bambina è viene violentata è colpa sua. Ma nessuna frase sopraelencata è valida per giustificare la violenza. Nessuna.

Nessun vestito, nessun atteggiamento giustifica uno stupro. Uno stupro di gruppo ancor meno. Se è no, è no. Anche all’ultimo momento.
Alcuni anni fa una ragazza in Sardegna venne stuprata da uno ragazzo che aveva conosciuto in discoteca. Alla fine della serata erano andati via dalla discoteca con l’auto di lui. Durante il tragitto lui l’aveva violentata. S’è cercata, avevo commentato con mio amico. Ma il mio amico, più lucido e consapevole di me, mi aveva risposto che probabilmente la ragazza all’inizio voleva davvero un rapporto sessuale con lui, però lei per un qualsiasi motivo, aveva cambiato idea. Allora a lui l’ha violentata. Ha preso comunque quello che voleva, quello che secondo lui era un suo diritto.
Il mio amico aveva condannato il ragazzo. La ragazza poteva ritrarsi anche all’ultimo momento. Aveva diritto di dire che c’era qualcosa che non gli andava più bene: un odore, un atteggiamento rude, magari quel che vedeva gli faceva ribrezzo. Che ne so, aveva cambiato idea e lui avrebbe dovuto fermarsi. Invece no! Stuprata.
Quel giorno ho aperto gli occhi. In effetti c’è una bella differenza tra avere un rapporto consensuale ed essere violentate. La differenza tra essere libere o essere sottomesse.


Dicevo prima che siamo permeati dalla cultura dello stupro. Si minimizzano parole e gesti e si fanno pure delle sentenze in tribunale che li giustificano.
Pochi mesi fa un bidello di una scuola superiore è stato assolto perché ha palpeggiato un’alunna per solo dieci secondi.
Ora facciamo una prova: accarezziamoci una qualsiasi parte del corpo per dieci secondi, pensiamo che qualcuno altro ci tocchi le parti intime per dieci secondi. Dieci secondi sono un’eternità. Praticamente questa sentenza ha autorizzato i palpeggiamenti.
Ma stiamo impazzendo? È una violazione insopportabile, anche un secondo è troppo!La cultura dello stupro.


Alcune settimane fa due ragazzi sono stati assolti perché “lo stupro c’era stato” ma i ragazzi non avevano capito che non c’era il consenso”. La cultura del stupro.


Questo tipo di sentenze sono l’humus della cultura dello stupro, che viene alimentata ogni giorno in molti modi.
Vogliamo parlare degli figli di politici protagonisti? Beppe Grillo e Ignazio La Russa, Presidente del Senato, politicamente sono agli estremi opposti, però hanno trovato un punto di incontro nel difendere a spada tratta i figli accusati di stupro con le solite parole che colpevolizzano le vittime: era consenziente, aveva bevuto.
Il patriarcato. La cultura dello stupro.

Sono rimasta scioccata da una piccola indagine condotta su Instagram dal profilo aestetica sovietica. Ha chiesto di rispondere in forma anonima se le discoteche italiane sono da considerarsi spazi sicuri o una zona franca per le molestie. Le risposte delle ragazze rivelano che discoteca è zona franca per le molestie: è difficile uscire da una discoteca italiana senza essere almeno palpeggiate, aver avuto mani sotto la gonna, essere state “appoggiate”, baciate in bocca senza consenso, anche con la lingua. Non si è esentate neanche se si è in compagnia maschile. Molte hanno dichiarato che queste cose non succedono nelle discoteche estere. Alcune hanno scritto che preferiscono andare nelle discoteche “non etero”, che si distinguono per educazione e dove non si rischia di bere un drink drogato.


Mentre leggevo non credevo alle parole scritte : davvero l’ambiente delle discoteche ora è così degradato? Penso a quei genitori che, rubando ore al sonno, aspettano le figlie e i figli fuori da quelli che sono a tutti gli effetti degli inferni. Ma io, papà, mamma, sono consapevole che porto figlia, mio figlio, in luogo dove se va bene sicuramente una ragazza viene molestata, se non violentata? Sono consapevole che mio figlio in gruppo potrebbe fare delle cose orribili, o pure lui subire violenza? Non dimentichiamo che ci sono anche casi di ragazzi, che il branco individua come deboli, che sono son violentati, come le ragazze. I numeri dei casi sono percentualmente minori, ma esistono.

Il mio post per i miei standard è già abbastanza lungo, ma ho bisogno di mettere i pensieri in fila, uno dopo l’altro. Ho bisogno di avere una mente lucida e razionale, che non si faccia prendere dai sentimenti devastanti e negativi. Fra poche settimane iniziano le lezioni e devo essere pronta ad argomentare in maniera corretta nel caso qualche bambino tirasse fuori l’argomento.


Alla scuola primaria i bambini sono ancora piccoli, ma possono, devono, iniziare ad aprire gli occhi.
Bisogna aiutarli a crescere bene. Amare la vita. Saper scherzare su di sé e con gli altri. Uno scherzo dura poco, altrimenti non è più uno scherzo, è molestia. Prima di fare uno scherzo bisogna pensare se a te piacerebbe ricevere quello scherzo. Se non ti piacerebbe, lascia perdere.
Accettare serenamente i no. Non tutti vogliono fare le stesse cose nello stesso momento.
Trovare gli accordi per poter stare e giocare insieme. Rispettare le regole date. Non cambiare le regole a proprio piacimento.
In caso di conflitto, fermare l’attività per discutere e chiarirsi. Chiedere scusa. Accettare le scuse, anche prendendosi tempo per sbollire la rabbia. Non serbare rancore.
Saper dire di no. Non farsi toccare nelle parti intime né da sconosciuti, né da persone che si conoscono o di cui hai fiducia. Confidarsi con un adulto se qualcuno chiede di fare qualcosa di spiacevole e che fa stare a disagio.
Accettare la diversità degli animi maschili e femminili e la loro complementarietà. Rispettare gli altri. Essere sempre dalla parte di chi difende il debole, mai dalla parte di chi offende.
Rispettare gli oggetti personali e della comunità. Rispettare e tener puliti gli ambienti scolastici interni ed esterni. Rispettare la natura che ci circonda. Non buttare rifiuti dove capita. Se non c’è il cestino, portarsi a casa i rifiuti. Attuare la raccolta differenziata.

Questi obiettivi sono sempre dentro di me. Considero la convivenza civica il primo obiettivo di tutto il percorso scolastico. Se necessario ho sempre fermato le attività scolastiche per discutere, chiarire e trovare gli accordi per poter stare bene a scuola. Tutti hanno diritto di esprimere la propria opinione e dare il proprio contributo per migliorare il clima della classe.
La convivenza civica si impara con coerenza attimo per attimo, giorno dopo giorno. I risultati in campo educativo sono lentissimi e faticosi. È duro dire di no, vedere un bambino piangere per una sgridata. Ma è meglio che pianga un bambino oggi per un no, che se piangiamo noi adulti sono lacrime amare, inconsolabili.

Leggere. Riflettere sui fatti. Educarmi, cambiare parole e atteggiamenti, che io stessa non sono esente da manchevolezze e cedimenti.
Mancano pochi giorni all’inizio dell’anno scolastico e mi sto preparando così.

Ferragosto e alunni

Plagemesu. Gonnesa. Sardegna

Arrivati a Ferragosto, la strada è in discesa. Si profila all’orizzonte il nuovo anno scolastico. Come ogni anno ho iniziato a incontrare i miei alunni. Chissà perché, in tutta l’estate non ne vedo neanche uno, adesso a qualsiasi ora ho molte possibilità di vederne qualcuno.
Se non li vedo, mi chiamano anche a due km di distanza: MAESTRAAAAAA! Tutti si fermano ad osservare la scena: io impalata e sorridente a braccia aperte che li aspetto alla fine della loro rincorsa. I loro accompagnatori dietro, terrorizzati e attenti a non farli mettere sotto da qualcuno. I bambini non vedono nulla, hanno occhi solo per la loro maestra che fa la spesa o va dalla parrucchiera. E poi lo racconteranno a tutto il parentado. Le gioie di insegnare nel proprio paese: essere oggetto di conversazione durante il pranzo estivo di Ferragosto!

Io li abbraccio e li bacio senza paura, finalmente! Il covid si è preso gli anni più belli, quelli delle coccole, ma ho intenzione recuperare il credito di gesti affettuosi. Ho già cominciato, loro mi osservano perplessi e felici, increduli di tanto mio calore. Li ho conosciuti con la mascherina, lontani. Io, sempre rigorosa: distanziamentooooo! Siamo stati la classe che ha avuto meno contagi in assoluto. Che sfinimento! Però ora basta. Coccole a volontà, inframmezzate a sgridate. Che non mancano mai.

È Ferragosto. Andremo da mia sorella che vive in una rinomata località marina, ma non so se arriveremo a veder la spiaggia. Per noi oggi è importante stare in compagnia, salutare mio nipote DI che fra pochi giorni partirà in Svezia per una specie di Erasmus.


Il mare ci aspetta i prossimi giorni. È vero che siamo in discesa, ma l’estate da noi non è ancora finita.

Buon Ferragosto