Comprendere la Shoa è impossibile, conoscere è necessario

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Anche quest’anno, come l’anno scorso, qui, ho avuto delle remore a trattare con la mia classe quarta la Giornata della Memoria.  Il mio intuito diceva che alcuni bambini non erano pronti a sopportare l’argomento Shoa, altri sì. In Facebook, nei gruppi di maestre a cui sono iscritta, ho visto il lavori che hanno fatto, sia quest’anno sia gli anni scorsi. Veramente dei bei lavori. Quanta ricchezza e umanità nelle classi!

Ma io pensavo a quei miei bambini sensibili. Ero davvero indecisa se affrontare o meno questo argomento terribile, tuttavia volevo parlarne per poi spostare lo sguardo su quello che succede oggi in questa triste Italia.

Visto che stiamo che nel mese di Gennaio abbiamo affrontato il testo poetico, e che a loro piacciono le poesie, ho iniziato la lezione leggendo la poesia La Farfalla di Pavel Friedman, uno dei 15mila bambini del ghetto di Terezin in Cecoslovacchia.

L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!

L’ultima
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto: i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere del castagno
nel cortile.
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto
.

L’ho letta due volte e poi ho chiesto che emozioni gli trasmettesse: tristezza e gioia. Gioia in quanto a tutti piacciono le farfalle. Tristezza perché le farfalle non vivono nel ghetto. Abbiamo cercato le parole sconosciute nei dizionari: intenso, candeliere, ghetto, aleggiare. Ho scritto la poesia alla lavagna e l’hanno ricopiata, scrivendo anche il nome dell’autore in calce. Sotto hanno scritto il significato delle parole sconosciute. L’hanno riletta e contato di versi, non è divisa in strofe e non ci sono le loro amate rime. Abbiamo notato che ci sono delle ripetizioni di parole, anafore, e infine abbiamo individuato le similitudini e le metafore.

Dopo quest’analisi, oralmente in gruppo abbiamo fatto la versione in prosa che poi ho dettato. Mentre discutevamo ho presentato l’orrore che non ha risparmiato sei milioni di ebrei, 300 mila zingari, 100 mila oppositori politici, 25 mila omosessuali, 5 mila testimoni di Geova, più quei milioni di polacchi e russi vittime di rappresaglie e stragi compiute in nome della purezza della razza ariana.

Uno di loro quando ho nominato gli zingari ha detto: – Beh, gli zingari…. L’ho zittito: – Anche quelli con gli occhiali non erano perfetti e venivano fatti fuori. Io e lui abbiamo gli occhiali. Ho spiegato chi sono gli omosessuali: uomini che amano uomini, donne che amano donne. Non hanno battuto ciglio. Semmai gli fa ridere la parola sesso. Beata innocenza! Ho spiegato anche questa parola. Non ho proposto filmati e foto dell’orrore. Dopo tre ore di lezione, con la ricreazione di mezzo, non abbiamo fatto in tempo a fare neanche un piccolo disegno.

Per concludere ho letto queste parole di Primo Levi:

Se comprendere è impossibile

conoscere è necessario

perché ciò che è accaduto

può ritornare.

E’ già tornato in passato e sta tornando ora.

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Fine del periodo natalizio

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Oggi, come prevede il calendario liturgico, si conclude il periodo natalizio. Infatti, come ogni anno non mi sono affrettata a eliminare da casa i segni del Natale. Non mi piace anticipare, sia nel fare l’albero e allestire il presepe, sia nello smontare tutto. Quest’anno poi, visto che ero a scuola giorno e notte, ho fatto tutto a rate: un giorno ho portato giù gli scatoloni, un altro giorno ho aperto l’albero ed rimasto tre giorni senza nessun addobbo, finalmente una sera sono riuscita a sistemarlo. Il presepe invece l’ho terminato il 23. Io sistemo subito Bambinello e Magi. Mi dispiace che dopo tutta quella strada che hanno fatto, soprattutto i Magi, arrivino e poi debba smontare tutto; quindi a casa mia sono subito in scena.

Quest’anno ho separato l’albero dal presepe. Di solito sistemavo l’albero all’ingresso di casa e sotto di esso c’era il presepe. Molto bello e accogliente, ma un pochino ingombrante. Quindi ho sistemato l’albero in un angolo della cucina e il presepe all’ingresso sopra un mobiletto. Così ho avuto due angoli natalizi. Anzi tre, una Sacra Famiglia, artistica di carta pesta, molto bello, regalatami il primo natale dai miei nipoti, che ho sempre sistemato sulla scrivania del salotto.

Dicevo che mi piace avere in casa i segni del Natale fino alla domenica successiva all’Epifania, cioè oggi. Ma quest’anno ho durante la settimana ho cominciato a smontare tutto e ieri ho riposto anche il presepe. Ciao ciao, al prossimo anno. Chissà come sarà il prossimo anno? Non posso non pensarci, anche se voglio vivere il presente giorno per giorno. Altrimenti impazzirei.

Sono contenta che anche il Comune abbia tenuto ancora accese le belle luminarie di quest’anno. Qualcuno si è lamentato dello spreco, ma a me sono piaciute, come sono rimasta contenta che molte famiglie abbiano messo le luci nei giardini e nei balconi. Suvvia, un po’ di allegria e luce nei nostri cuori, anche se di riflesso non può che farci bene.

La vita a scuola è ripresa alla grande, eravamo pò infreddoliti perché i termosifoni, seppur accesi erano caldi solo nella parte superiore, dovevano essere spurgati! Abbiamo impiegato una settimana per capire l’inghippo e avvisare il Comune. Se tutto va bene, lunedì sarà tutto ok e potremmo togliere i giubbotti durante le ore di lezione. Speriamo bene.

Fuori c’è tanto freddo, se non è il ghiaccio è il vento. Insomma, siamo proprio in inverno e questa non è la mia stagione preferita.

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