
Ora che il Natale è passato, che i regali sono stati tutti aperti in un tripudio di carte e nastrini, quanti miei alunni di quarta crederanno ancora che Babbo Natale sia un uomo in carne e ossa? Quanti avranno avuto conferma dei loro sospetti? Quanti avranno dovuto dare ragione ai compagni? Quest’anno, ritenendoli già grandi, pensavo di trattare l’argomento del Natale in un certo modo, cioè senza dover dover glissare sull’argomento esistenza di Babbo Natale.
Quando ho avuto altre quarte nessuno dei bambini affermava che Babbo Natale esisteva veramente. Qualche volta già in terza tutti sapevano che non esiste. Quest’anno, conoscendo miei polli, ero un po’ dubbiosa. Quindi non volendo trovarmi nella spiacevole situazione di dover far fronte a genitori imbestialiti, e magari finire sui giornali di mezzo mondo, con molta nonchalance ho sondato il terreno. Sono partita da lontano, molto lontano.
Ho iniziato a parlare dei compiti per le vacanze, come già detto qui i compiti saranno pochi, poi ho chiesto se qualcuno andava a trovare parenti lontani e con chi avrebbero trascorso le vacanze. Hanno parlato di zii, nonni, padrini, cenoni. Stranamente l’argomento regali e Babbo Natale non veniva fuori. Allora ho chiesto di parlare della Vigilia. Loro, innocenti, ci sono cascati.
La classe, campione rappresentativo dell’Italia di oggi, era divisa a metà. Metà dei bambini ha dato le prove della non esistenza di Babbo Natale: hanno sentito i genitori parlare sottovoce; oppure l’anno scorso li hanno fotografati con i regali davanti all’albero; qualcuno sotto la barba di Babbo Natale ha riconosciuto lo zio, il cugino, il vicino di casa. Una bambina ha detto che è tutta un’invenzione degli adulti per far felici i bambini. Ohooo! Credo di aver sbarrato gli occhi, ma non ho detto niente.
L’altra metà della classe, ascoltava aspettando rispettosamente il proprio turno per parlare, ha risposto molto tranquillamente, senza scomporsi minimamente, ha risposto convinta che invece Babbo Natale esiste ha fornito le prove ontologiche della sua esistenza. Ha riconosciuto le scarpe, quando è passato non mancava nessuno, né grandi né piccoli.
Nessun argomento poteva smuoverli dalle loro posizioni, allora hanno tentato di tirarmi in mezzo: – Tu, maestra, che cosa pensi, esiste o non esiste? – Ho alzato le mani e me le sono lavate, ricordando improvvisamente che qualche mio avo fosse svizzero. – Io, non dico niente, questa discussione riguarda i bambini, io sto solo controllando che siano rispettati i turni della conversazione.
Così, bambini miei, ho lasciato perdere gli argomenti da grandi e vi ho regalato un altro po’ di fanciullezza, che a diventar grandi si fa in fretta.
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