Ciao 2020, ti salutiamo ma non ti dimenticheremo mai.

Goodbye 2020
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Chiudiamo quest’anno pazzesco, che come dice Marito a noi è andata benissimo:

  • noi e le nostre famiglie abbiamo scampato il terribile virus
  • non abbiamo sofferto la fame
  • non abbiamo perso il lavoro
  • siamo andati in vacanza durante l’estate
  • quando abbiamo potuto abbiamo mangiato in ristante
  • siamo riusciti a far fronte agli imprevisti e le difficoltà
  • abbiamo aiutato gli altri
  • abbiamo imparato cose nuove
  • abbiamo acquistato una smart tv e l’asciugatrice
  • Stiamo insieme salutare il vecchio e dare il benvenuto al nuovo anno.

Quando sopravvivi alla tempesta, anche se rimani solo in mutande, ti è andata benissimo.

Auguri a tutti.

Libri letti nel 2020

Photo by César Viteri on Unsplash

Ho visto che molti blogger che seguo quest’anno hanno letto tantissimo, attorno ai 70 libri! Complimenti a loro. Credo di aver letto così tanti libri quando non segnavo le mie letture, e suppongo di essere stata attorno al centinaio di letture. Un vero topo da biblioteca.
Molti hanno approfittato del lockdown per allontanarsi dalla triste quotidianità scandita dai media e dal web.

Al contrario di questi lettori megalitici io per tanti mesi non ho letto neanche un libro. Vuoi perché ero incollata ai social, ma soprattutto perché ero impegnata nella didattica a distanza, e nel mio risicato tempo libero, appena potevo uscivo a fare due passi per allungare lo sguardo e godere della bellezza di una primavera trepitosa. Per cui per tanti mesi non ho letto o ascoltato nessun libro. Praticamente ho ripreso a leggere in estate. Estate inoltrata però. Quindi considero un gran successo aver letto 35 libri più un audio libro, Il canto di Natale, sentito nei giorni scorsi.

  • 1) L’ultimo dei Santi, Marisa Salabelle
  • 2) Zero Limits, Joe Vitale
  • 3) Quel che affidiamo al vento, Laura Imai Messina
  • 4) WA, Laura Imai Messina
  • 5) Alie e Bea, Catherina Ryan Hide
  • 6) L’ultima neve, Sandra Faé
  • 7) Orgoglio e Pregiudizio, Jane Austen
  • 8) Ragione e Pentimento, Jane Austen
  • 9) Io ti salverò, Simona Fruzzetti,
  • 10) Non oso dire la gioia, Laura Imai Messina
  • 11) Tokio Orizzontale, Laura Imai Messina
  • 12) Quel che non ti ho mai detto, Celeste NG
  • 13) Bastava chiedere e le storie di femminismo quotidiano, Emma
  • 14) La ragazza che ascoltava De André, Sandra Faé
  • 15) L’arrivo di una nuova primavera, Franco Faggiani
  • 16) Abbiamo toccato le stelle, Riccardo Cazzaniga
  • 17) La strada di casa, Kent Haruf,
  • 18) Cambiare l’acqua ai fiori, Valerie Perrin,
  • 19) La piccola scuola di cucina, Sandra Faé
  • 20) Ogni giorno è un buon giorno, Noriko Moroshita
  • 21) La Partita, il romanzo di Italia-Brasile, Piero Trellini
  • 22) Il miniaturista, Jessie Burton
  • 23) Portami il diario, Valentina Petri,
  • 24) Il circolo Pickiwich, Charles Dicksen
  • 25) Tess d’Ubervilel, Thomas Hardy
  • 26) Il pastore d’Islanda, Gunner Gunnerson
  • 27) La manutenzione dei sentimenti, Franco Faggiani
  • 28) Le giovani parole, Mariangela Gualtieri,
  • 29) Peggio per chi resta, Valeria Corciolani
  • 30) Le braci, Sandor Marai
  • 31) Gli anni della leggerezza, Elizabeth Jane Howard
  • 32) Il tempo dell’attesa, Elizabeth Jane Howard
  • 33) Confusione, Elizabeth Jane Howard
  • 34) Allontanarsi, Elizabeth Jane Howard
  • 35) Tutto cambia, Elizabeth Jane Howard
  • 36) I segreti del Piallato, Valentina Petri
  • 37) Canto di Natale, Charles Dicksen

Che dire? Ho letto quello che mi andava di leggere, senza averne l’obbligo, tanto è vero che alcuni nomi si ripetono, perché mi davano la sicurezza di non sbagliare.
Tutti i libri che sono in lista mi sono piaciuti, gli altri ,che non ho terminato o solo iniziato, sono da riprendere quando sarà il momento giusto per me e per quel libro.
Quello che però mi ha dato di più di tutti e che ho letto due volte di seguito, e che probabilmente rileggerò, è Quel che affidiamo al vento, di Laura Imai Messina, a cui ho dedicato anche un post, che trovate qui. Lo consiglio a tutti.
Una cabina telefonica sistemata in un giardino di un paese sperduto del Giappone. Alzando la cornetta ci si mette in contatto con i nostri cari che non ci sono più.
Non dico altro per non rovinare il gusto di leggerlo.

I giorni del coronavirus: Marina Abramovic

Più arte meno Covid-19

Ai primi di marzo, quando sembrava di essere affogati (sigh!) dalle notizie sul coronavirus, girava in Facebook un’iniziativa nata per alleggerire un po’ i nostri animi appesantiti. Chi l’aveva ideato voleva vedere in internet più ARTE e meno Covid-19. A chi metteva un MI PIACE al post gli veniva assegnato un artista del quale doveva pubblicare un’opera a libera scelta.
Di solito non partecipo a questo tipo di iniziative, ma a questa ho partecipato volentieri. Mi è stata assegnata Marina Abramovic. Carneade, chi fu costui? Beata ignoranza! non sapevo chi fosse Marina Abramovic.

Chi era per me Marina Abramovic

Proprio il giorno prima i titoli dei giornali dicevano che era morto il suo ex compagno Uly, ma andando di fretta non avevo letto gli articoli. Il cognome Abramovic mi faceva pensare al magnate russo che alcuni anni fa aveva comprato una squadra inglese e che poi aveva divorziato dalla moglie, per me, povera ignorante, lei era Marina Abramovic. Inoltre pensavo anche che questo Uly fosse il nuovo compagno di Marina Abramovic e che i giornali dessero questa notizia per fare un po’ gossip.

Chi è Marina Abramovic

Ovviamente, la verità è ben altra, lontana anni luce da quello che pensavo. L’ignoranza è una brutta cosa. Molto brutta. Per colmare la lacuna ho fatto un giro su internet e ho scoperto questa artista e le sue strabilianti performance.

Marina Abramovic è una grande artista contemporanea, che si è autodefinita “Nonna della performance artistica” , “Grandmother of performance art”.
Nelle sue performance lei stessa e il pubblico sono coinvolti sia a livello mentale che fisico.

Tra le opere più celebri di Marina Abramović ci sono la serie  Rhythm e le serie Freeing The Body, Freeing The Memory, Freeing The Voice, degli anni Settanta.

La performance Rhythm 5

Nella serie Rhythm l’artista infliggeva degli atti violenti verso se stessa per portare il suo corpo all’estremo limite fisico. Nella performance Rhythm 5 del 1975 la Abramovic rischiò pure la vita. In in una stanza si era distesa al centro di una stella a cinque punte in legno, che venne data alle fiamme. Perse i sensi e solo l’accortezza di chi assisteva alla performance la salvò dal rogo.

La performance Rhythm 0 a Napoli

Un’altra performance clamorosa, Rhythm 0, si tenne l’anno precedente, nel 1974, a Napoli. Marina Abramovic disse agli spettatori che per sei ore sarebbe rimasta immobile come un oggetto e ognuno avrebbe potuto fare del suo corpo ciò che desiderava. Senza essere punito.
Dapprima non successe nulla, ma dopo alcune ore, gli spettatori, con degli oggetti facenti, parte della stessa performance quali coltelli, piume, corde, forbici e persino una pistola, fecero scempio dei suoi vestiti e del suo corpo. Le tagliuzzarono i vestiti e la pelle e qualcuno le puntò la pistola. Fortunatamente altri spettatori intervennero e li bloccarono.
Per Marina Abramovic, nonostante tutto, la perfomance aveva raggiunto il suo scopo: aveva mostrato il peggio degli esseri umani che, se sicuri dell’impunità rischiano di dare sfogo alle peggiori fantasie sadiche, ma c’era un barlume di speranza, visto che alla fine, qualcuno si era opposto.

Marina e Ulay

Ad Amstrerdam nel 1976 Marina Abramović conobbe il performer tedesco Uwe Laysiepen (in arte “Ulay”). Nacque subito un profondo connubio artistico e sentimentale, dando vita a clamorose performance. In Italia è famosa Impendrabilia tenuta alla Galleria Comunale di Arte Moderna di Bologna, nel 1977. I due artisti, completamente nudi, si posero l’uno di fronte all’altro all’ingresso, che era molto stretto e dove gli spettatori erano costretti a oltrepassare per entrare nel museo. La performance, che doveva durare tre ore, venne interrotta da due poliziotti perché ritenuta oscena.
Anche il loro addio divenne un’opera d’arte, dal titolo The Lovers (1988).
I due infatti si recarono agli estremi opposti della Muraglia Cinese, lui partì dal deserto dei Gobi, lei dal Mar Giallo, e dopo una lunga camminata (2500 ck circa) si incontrarono a metà strada per abbracciarsi e dirsi addio.
I due si incontrarono poi nuovamente durante laperformance di Marina Abramović  The artist is presental Moma di New York nel 2010.
Questa performance, è durata tre mesi, durante i quali Marina Abramovic, era seduta ad un tavolo di fronte al quale era stata posta una sedia vuota. Su quella sedia poteva sedersi chiunque, per fissarla negli occhi.
In quella sedia si sono sedute circa 750 persone, lasciandola impassibile, fino a quando non le si è seduto di fronte un uomo dai capelli e dalla barba bianchi era Ulay, ventitré anni dopo il loro addio. Dopo essersi osservati a lungo, con le lacrime agli occhi gli ha stretto le mani e l’ha lasciato andare.

Potrei scrivere ancora e ancora perché le sue performance mi hanno molto incuriosito e lasciato a bocca aperta per lo stupore, e a volte per il fastidio.
Certo è che quando sento il suo nome, penso subito a lei e non al magnate russo!