I giorni del corona virus: Didattica a Distanza, Codice Rosso, Codice Rosa e Didattica di Vicinanza

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Dal 18 maggio, in Italia siamo entrati nella fase 2 dell’emergenza sanitaria, le misure si sono allentate e possiamo riprendere con cautela, la nostra una vita sociale. Abbiamo bisogno ancora di mascherine e gel, e di mantenere ancora le distanze.

In Sardegna la situazione è sempre stata sotto controllo. Abbiamo avuto pochi casi, circoscritti nella fase iniziale, ahimè, ad alcune case di riposo o pronto soccorso. Ora la situazione è molto positiva, da una settimana registriamo zero contagi e zero morti, pochi i ricoverati, pochissimi sono i malati in terapia intensiva.

Lentamente stiamo ripristinando tutto e fra poco si potrà riprendere a viaggiare in aereo, si sta predisponendo un protocollo affinché il turismo non venga messo ko e chi vuole, anche quest’anno, possa godere delle bellezze della nostra Isola. Non entro nel merito delle polemiche tra governatori e amministratori delle varie regioni. Dico solo che siamo tutti stanchi, cerchiamo di non sprecare le poche energie rimaste.

Per il momento non faccio niente di particolare, a fine serata dopo l’ennesima videoconferenza con la scuola, mi concedo delle lunghe passeggiate in solitaria, giro con la mascherina in tasca. Se incontro qualcuno che conosco mi fermo a parlare mantenendo le distanze. Nel mio vagabondare vedo che qualcuno non è proprio preciso preciso nel seguire le indicazioni sanitarie, ma siamo in una situazione in cui ce lo possiamo permettere. Esco per rilassarmi non per giudicare il prossimo.

Queste passeggiate sono salutari, oltre che a riattivare il metabolismo, mi fanno staccare lo sguardo dai vari dispositivi tecnologici siano pc, tablet e smartphone. Che stanchezza! Sollevare lo sguardo verso l’orizzonte e far riposare gli occhi è un vero sollievo. Dovrei diminuire le ore di connessione, ma la DAD, Didattica a Distanza, non me lo consente. Incombe la fine dell’anno scolastico e, come sempre, il lavoro non diminuisce affatto, aumenta a dismisura.

La mia DAD, rispetto alla fase iniziale decritta nel post dedicato, che trovate qui, si è evoluta notevolmente. Infatti la scuola alla fine di aprile con Google Education, ci ha permesso di attivare le Classi di Gsuite. Ne ho approfittato subito e ora con una disinvoltura mai immaginata, utilizzo le videoconferenze anche con i bambini, che in tutta sincerità nei primi giorni di quarantena ho giurato che non avrei mai fatto.

Fortunatamente l’essere umano di fronte ai problemi cerca nuove soluzioni, così di davanti alla “depressione” dei miei alunni ho voluto fare di più, quindi per tre giorni la settimana ci colleghiamo dal vivo per un’ora e mezzo, con grande gioia di tutti, compresa la mia.

È ovvio che la didattica in presenza sia migliore di quella a distanza, però io ringrazio di aver avuto la possibilità di mantenere i contatti con gli alunni e fare in modo che questi mesi non fossero completamente persi. Non ero pronta, come la maggior parte dei docenti, non avevo iniziato alcun percorso didattico che includesse anche attività online.

In pochissimi mesi mi sono dovuta inventare una scuola diversa. Ho fatto tante cose, abbiamo fatto tante cose, ho sbagliato tantissimo e ho corretto il tiro. Non mi sono mai data per vinta. È stato un grande lavoro collettivo, che ha richiesto enormi sacrifici da parte di tutti: insegnanti, genitori e bambini, le scuole e anche il ministero. Non è stato facile per nessuno. Tutti abbiamo lavorato tanto e tutti ci sentiamo frustrati. Potevamo fare di più? Sicuramente. Le scuole, le maestre, i professori potevano fare di più? Dovevano fare di più?

Tante critiche sono piovute addosso ai docenti e in certi momenti ho rasentato la depressione per l’incomprensione dei media e delle famiglie. I post di alcune blogger che seguo da tempo mi hanno fatto veramente male. Non ho mai commentato, non avevo voglia di sprecare le energie. Osservo sempre il principio del risparmio energetico delle forze psichiche e fisiche.

Anche noi docenti eravamo chiusi in casa con pochi mezzi, senza vedere nessuno, parlavamo con amici, parenti e colleghi solo al telefono. Anche gli insegnanti  erano alle prese con la DAD dei figli e sono impazziti per la marea di compiti, richieste che piovevano da piattaforme diverse. Molte mie colleghe sono esaurite, ma non è un modo di dire. Non sono semplicemente stanche, semplicemente non hanno più un goccio di energia. Davanti ad una circolare ministeriale o del dirigente, piangono calde lacrime e solo la promessa che le aiuterò si rasserenano un poco.

Io non sono esaurita, ma sono molto stanca e non vedo l’ora di mettere un punto fermo a quest’anno scolastico. Da subito non ho avuto grandi obiettivi: non ha avuto la pretesa di terminare il programma, non mi ha spaventato il fatto che avessi una quinta. Non ho mai pensato al programma, ma ho sempre pensato ai bambini che avevo davanti e alle famiglie. Il mio obiettivo è stato sin dall’inizio quello di essere presente e stare vicino alle famiglie, con qualunque mezzo e modo.

La mia classe ha un livello socio-economico medio alto. Certo è una situazione ottimale, ma i bambini della mia classe non sono un grafico dell’ISTAT, sono bambini veri, non sono numeri o sigle.

Nonostante questa felice situazione di partenza, all’inizio della quarantena alcuni bambini vivevano delle difficili situazioni familiari pregresse.  Non sempre i rapporti tra genitori dei miei alunni erano quell’idillio che veniva esibito nei momenti conviviali. Dietro la bella e costosa facciata ci sono spesso vite familiari complicate, che si sono acuite nel periodo della quarantena.  Una famiglia in particolare mi ha tolto il sonno, e nonostante la quarantena ho avuto modo di mantenere  contatti dal vivo, non solo telefonici e virtuali. E ho potuto constatare che il livello di conflittualità aumentava di giorno in giorno, fino ad avere percezione che c’erano gli estremi per far scattare i provvedimenti della legge Codice Rosso, visto la situazione di massimo pericolo. Invece del Codice Rosso, purtroppo è scattato il Codice Rosa.

La tenuità colore non inganni. Il Codice Rosa si applica quando una vittima arriva al pronto soccorso con delle lesioni dovute a violenza, il Codice Rosso è applicato dal giudice e può prevenire il Codice Rosa con l’allontanamento del soggetto violento dal nucleo familiare.

Il Codice Rosa vuol dire fratture, denti rotti, bambini testimoni, avvocati, dottori, giudici, psicologi e assistenti social, relazioni da scrivere. Fortunatamente ci siamo risparmiati i titoli di giornali e i giornalisti delle tv locali.

Sono stata sempre vicina a tutte le famiglie e mi sono adoperata affinché nessuno si perdesse. Ho dato a tutti quello che ritenevo avessero bisogno: quell’incoraggiamento a non arrendersi anche nei momenti difficili e tristi.

Con orgoglio posso dire: nessuno si è perso. È questa la vittoria mia e dei bambini. È questo il significato più vero della mia Didattica a Distanza: una didattica di vicinanza.

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay 

Aria di primavera

Con l’allentamento delle misure della quarantena della nella fase 2, ho approfittato subito per fare delle lunghe camminate in campagna. Sono minuti preziosi perché la didattica a distanza ha triplicato l’impegno come già detto da me e confermato da tutti, genitori e insegnanti, di tutto il mondo, non ho molto tempo per scrivere dei post. A dire il vero non ho neanche il tempo di pensarli, tipo: oggi scriverei questo e quello. Niente.

Dopo tanti giorni chiusa in casa, ora preferisco strappare un’oretta scarsa ogni giorno per rifarmi gli occhi con lo spettacolo che la natura mi offre a due minuti da casa mia. È l’opportunità di abitare in un paese, neanche tanto piccolo, della Sardegna. Così oggi invece di parole vi offro 10 scatti.

Buona visione