Scena di un crimine: maestra con il metro e il nastro in mano

Nastro da segnalazione

Tanto tuonò che piovve. Ormai ero bella che rassegnata alla nuova situazione: collega svaporata, tempo pieno, classe numerosa con un bambino in situazione di handicap . Quando ormai pensavo solo ad incalzare preside, comune, operai elettricisti, affinché rendessero agibile l’aula, un pomeriggio, mentre finivo di sistemare la cucina e già pensavo alla pennichella, squilla il telefono. Il preside. IL PRESIDE? A quest’ora? Oddio, che sarà successo ancora? Mentre pensavo ad una catastrofe, le mie incredule orecchie ascoltavano la bella notizia che alcuni bambini erano stati trasferiti, volontariamente dai genitori, in una classe del tempo normale! Evviva!

Due bambini in meno in una classe vogliono dire tante cose. Ci permettono di stare nella classe assegnata in precedenza, non si devono staccare lavagne, non si deve aspettare il cablaggio per la lavagna interattiva e soprattutto i bambini possono essere assistiti in maniera adeguata quando vanno in bagno. Due bambini in meno in una classe fanno la differenza, in questo caso in positivo.

Con spirito rinnovato e tanta allegria, armata di metro e nastro adesivo da segnalazione, ho segnato il posto della cattedra, dei banchi e dell’unico armadio superstite, infatti le altre scaffalature sono negli anditi. Nella nostra aula dovremmo starci bene.

Ho però già notato una bella macchia di umidità nel soffitto. Ho subito avvisato verbalmente i collaboratori, ma credo che anche lì ci vorrà qualche magia. Ho pure fatto le foto e la mail è già in canna. Giusto per non perdere tempo.

Ieri abbiamo consegnato le chiavi dell’armadio e della cassetta a muro del pc; essendo la nostra scuola sede di seggio elettorale, abbiamo dovuto liberare l’aula dei pochi strumenti utilizzabili in quest’anno scolastico.

Mentre abbandonavo l’aula, mi sono girata e vedendo il nastro di segnalazione mi è balenato un pensiero, dovuto forse alla visione di centinaia di episodi di CS e similari, ma siamo a una scuola o una scena di un crimine?

Siamo a scuola, fortunatamente siamo a scuola. La settimana prossima accogliamo i bambini e io non vedo l’ora.

Primo giorno di scuola in Italia: un buon inizio

bambino felice a scuola

Primo giorno di scuola in Italia

L’altro ieri in Italia è iniziato il nuovo scolastico. Dai resoconti dei giornalisti e dei genitori sui social ho percepito l’enorme gioia dei bambini, la commozione dei genitori, il sospiro di sollievo dei governanti, degli amministratori e insegnanti.

Non è andato tutto tutto bene, c’è ancora tanto da fare, da completare gli arredi e la squadra degli insegnanti dei bidelli. C’è tanto altro da fare ancora.

I tagli delle spese per la scuola in Italia

Ogni anno segnaliamo che le strutture scolastiche sono per la maggior parte fatiscenti e insufficienti. Sono i risultati delle picconate inferte scuola pubblica, per giorni, mesi, anni, decenni. Taglia qua, non aggiusti lì, accorpa classi, plessi e scuole. Dai incarichi su incarichi a presidi e a docenti a costo zero, o quasi.

Una situazione simile, creata dal dio risparmio della spesa pubblica, poteva, obiettivamente, essere riparata e sistemata in pochi mesi? Credo proprio di no.

Grande lavoro della scuola

In questi mesi la scuola ha fatto la sua parte, e spesso fa anche un pezzo di quella degli altri. Parlo dell’esperienza della mia scuola e delle scuole dei paesi vicini. Dirigenti, insegnati e bidelli ancora oggi misurano, spostano armadi, banchi, scaffali, in continuazione fino a trovare la soluzione migliore. Un bambino in più o in meno in una classe fa la differenza. Ne va del rispetto del distanziamento sociale e delle norme anti Covid. Facciamo di tutto per evitare il contagio, sapendo benissimo che i rischi ci sono e che tutte le regole e attenzioni potrebbero non bastare.

La tenuta del servizio sanitario permette l’apertura delle scuole

Fortunatamente, se si contrae il virus, il servizio sanitario è pronto. Non siamo nella stessa situazione di marzo, quando non c’erano mascherine né gel e negli ospedali si contavano i morti a centinaia. Ora i contagiati spesso non hanno sintomi, non stanno male e non vanno all’ospedale.

Così si torna a scuola. Quando uno stato e il suo popolo trova il modo di riaprire le scuole vuol dire che la vita ha ripreso a scorrere nei suoi binari.

Le feste e i sorrisi di questi giorni sono un grande incoraggiamento anche per noi che torneremo a scuola la settimana prossima.

Cosa succede nelle scuole all’estero?

Giriamoci attorno, ascoltiamo le voci di chi vive all’estero. Se ascoltassimo ciò raccontano i genitori di bambini e ragazzi che frequentano queste scuole, leggeremmo ad esempio che in Texas e in Florida si è ripartiti con la didattica a distanza, leggeremmo che alcuni fanno un didattica mista: una parte di bambini a scuola e una parte a casa (dopo tre giorni, le insegnanti già scleravano), in Arabia Saudita i bambini tengono la mascherina tutto il giorno, per otto ore.

Leggeremmo di confusione, di piattaforme che saltano, di docenti che danno tanti compiti, di docenti che non ne danno per niente.

Siamo tutti nella stessa barca

Non sempre l’erba del vicino è sempre più verde. Nel mondo la scuola pubblica ha più o meno gli stessi nostri problemi. Nessuno ha la ricetta giusta, ogni stato trova le soluzioni più adatte alle sue possibilità ed esigenze.

Siamo in Italia

Vorrei non sentire più quel piagnisteo “Siamo in Italia”, “Solo in Italia” perché a furia di ripetercelo, pure io, eh!, crediamo davvero che gli altri siano davvero migliori di noi, in tutto.

E signori e signore, non è vero. Quando leggo certe cose che succedono all’estero, rimango basita. Ma come? Non siamo noi lo stato e il popolo peggiore?

Quindi molto è stato fatto, tanto c’è da fare, ma la campanella del primo giorno di scuola è suonata.

Buon anno a tutti!

Foto di AkshayaPatra Foundation da Pixabay

Le preoccupazioni di una maestra che si prepara a insegnare in una classe prima e le litigate con il dirigente

Quest’anno la scuola offre tanti motivi per essere preoccupati, ma rispetto rispetto alle altre maestre ho due motivi in più per essere preoccupata: la mia nuova collega, di cui ho già parlato qui, e i miei nuovi alunni: avrò una classe prima. Sono venti bambini, di cui uno in situazione di handicap, per cui arriverà un’insegnante di sostegno , che sarà nominata nei prossimi giorni. Spero che arrivi prima che inizino le lezioni, che in Sardegna iniziano dopo il Referendum; per motivi di sanificazione degli ambienti non abbiamo ancora una data precisa, 23 o 24 settembre.

La classe è abbastanza numerosa, nell’era del covid, è molto numerosa, soprattutto perché sono in prima. Ho ampiamente discusso con il dirigente sulla possibilità di spostare alcuni bambini nelle altre due classi che hanno entrambe dodici bambini ciascuna. Ma non è stato possibile, la mia classe è al tempo pieno e le altre due al tempo normale. Cioè al tempo pieno i bambini stanno a scuola per 40 ore, al tempo normale per 27 ore.

Il dirigente ha anche provato a contattare le famiglie per verificare se qualcuno potesse spostarsi nelle altre classi, ma niente, sono state irremovibili, minacciando pure di fare ricorso.

Ora, io non entro in merito alle ragioni di chi non poteva assolutamente privarsi di un servizio del genere. Tuttavia posso affermare con certezza assoluta che, proprio i genitori che hanno pestato i piedi per futili motivi, sono quelli che al minimo problema, durante il corso dell’anno, chiederanno il trasferimento del bambino nelle altre classi. Ovviamente adducendo falsi motivi, o peggio ancora, trovando difetti nelle insegnanti.

La mia accorata e preoccupata protesta non è rimasta però inascoltata: dal momento che sul numero dei bambini non ho potuto ottenere nulla, mi sono rifiutata di andare in un’aula che era al limite delle misurazioni anticovid. Perdindirindina! I bambini sono in prima, già saranno costretti a stare immobili per tante ore, che almeno ci sia lo spazio vitale che consentai di alzarsi e uscire fuori dall’aula in sicurezza.

Ma ci sono le misure. Ma in classe non c’è né il Ministro, né il Presidente del Consiglio, né il Sindaco o l’Assessore, né i genitori e non c’è neanche lei Preside, ci siamo noi: bambini e insegnanti. Solo noi. E se, con tutte le restrizioni, con una classe numerosa, con i bambini in prima che non sanno neanche dove sono messi, se succede qualcosa, qualsiasi cosa, la colpa di chi è? La colpa è mia, che non sono riuscita a prevedere, impedire, fare. Comunque io in quel buco non ci vado. NON CI VADO! Glielo metto per iscritto. Trovate un altro posto, sfondate i muri, costruite un altro caseggiato, chiamate la protezione civile. Io lì, con venti bambini e l’insegnante di sostegno non ci metto piede!

Alla fine dopo un consulto scuola-comune hanno deciso di darci un laboratorio. Lo spazio è il doppio di un’aula. Ci staremo bene, larghi abbastanza e l’aria non diventerà irrespirabile dopo cinque minuti. Ma, occorre smontare il palco, imbiancare, cablare l’aula per internet e sistemare le lavagne. Fino a ieri non era stata tolta neanche un’asse. No so se aspettino l’intervento della fata turchina o di superman.

Come già detto nel post precedente: sono rassegnata all’ineluttabilità degli eventi. Succeda quel che deve succedere. Quando saremo pronti inizieremo.

Bambini, non vi conosco e non mi conoscete, ma la maestra vi vuole tanto bene e ha già pure lottato e litigato per voi.

Foto da Pixabay