Ho letto un libro: Gli ingranaggi dei ricordi di Marisa Salabelle

Alcune settimane fa ho letto il libro Gli ingranaggi dei ricordi di Marisa Salabelle, il cui blog seguo ormai da svariati anni. Ho letto anche gli altri libri dai lei pubblicati e mi sono sempre piaciuti: leggerla è una garanzia.
Leggere libri di autori che conosci sia di persona che blogger che segui è sempre un rischio: se non ti piace che dici all’autore?
Comunque dicevo che Marisa non mi ha mai deluso e anche Gli ingranaggi dei ricordi mi è piaciuto molto.

Ho scaricato l’ebook e nel leggerlo ho passato delle ore piacevoli, non riuscendo a staccarmi dalla lettura fino quando non sono arrivata alla fine del libro, cosa che ormai capita rare volte.

Nel 1943 Cagliari è stata pesantemente bombardata dagli Americani, la rasero al suolo quasi completamente. Le foto scattate in quei giorni mostrano cumuli e cumuli di macerie. Esiste un filmato in cui si vede un camioncino bianco del latte che porta in processione il simulacro di Sant’Efisio fino alla chiesa di Pula che dista circa 40 km. In quei cumuli di macerie la bella città di Cagliari è solo un’intuizione, solo pochi particolari ancora oggi rimasti intatti ci fanno capire quali strade ha attraversato il Santo.

Le vicende del libro partono da quei bombardamenti che costrinsero la maggior parte dei cagliaritani a sfollare nei paesi dell’interno, ritenuti più sicuri.
Nella vita gli avvenimenti si intrecciano, a volte comprensibilmente a volte, misteriosamente. Marisa in questo libro riesce a calibrare magistralmente fatti e vicende storiche documentate con quelle non documentate e misteriose, di cui non si sa nulla. La sua creatività e fantasia riempie quei buchi e ci regala un bel libro nel quale è facile vedere, come un film, lo scorrere della vita dei protagonisti.

Durante la lettura vediamo la famiglia di Generosa sfollata a Sanluri; attraversiamo a piedi la strada la strada statale 131, con Felice e le sue sorelle. Ne seguiamo le peripezie e ci chiediamo: davvero hanno fatto questo? Come è possibile che siano sopravvissuti a tutto ciò? Ma quanto dobbiamo essere grati a quella generazione di uomini e donne che ci hanno regalato la Sardegna e l’Italia che abbiamo ora?
Vorremmo sapere di più, del Partigiano Silvio Serra, coinvolto nell’attentato di via Rasella a Roma, quello che provocò la morte di 33 soldati tedeschi e l’eccidio dei 335 morti delle Fosse Ardeatine. Morì alcuni anni dopo all’età di 22 anni, 22 anni!, nella battaglia di Alfonsine, una delle ultime prima della Liberazione.
Vorremmo sapere di più, le ulteriori ricerche compiute dal pronipote Kevin, per la tesi di laurea, non ci danno molte notizie, ma sono quelle che già bastarono per conferirgli la Medaglia d’Oro al Valor militare alla memoria.

Nel libro ritrovo la mia Sardegna: i personaggi si muovono in luoghi che conosco molto bene e anche le loro vicende rocambolesche, mi sono familiari. Sono l’eco dei racconti dei miei genitori, nonni e zii. Testimonianza di una generazione che ha vissuto la guerra e la povertà del dopo guerra. Una gioventù che con il suo entusiasmo e la voglia di vivere ha ricostruito letteralmente l’Italia dalle sue macerie. Questa generazione se ne sta andando, ma ciò che ha fatto non deve essere dimenticato.
Gli ingranaggi dei ricordi di Marisa Salabelle ci aiuta a ricordare e essere grati a quella gioventù.

Giorni di maggio

È passato un mese dall’ultimo post in cui raccontavo che con sgomento la Sardegna entrava per la prima volta in zona rossa. Ora siamo in arancione e la settimana prossima saremo finalmente in giallo. Giallo vuol dire che possiamo uscire liberamente fuori dal comune di residenza. Tantissimi miei conoscenti se ne fregano altamente, e postano nei social le foto delle loro scampagnate. Non solo, mi incitano personalmente a trasgredire le regole: sei scema a stare a casa, tanto non ci sono controlli!

All’inizio mi arrabbiavo, ma poi ho deciso di non badare a quello che facevano e dicevano gli altri. Pur esausta ho raddoppiato le attenzioni e ho continuato a seguire le regole. Credo che la maggior parte delle persone faccia come me, infatti i contagi e i ricoveri sono calati, così pure la mortalità dovuta al virus. Anche se nel mio paese purtroppo proprio due giorni fa è morta una nonnina e il numero dei contagi è risalito. È finita in quarantena anche una classe delle scuole medie: una ragazzina del cluster della nonnina era risultata positiva. Ora la ragazzina è ancora positiva, ma i prof e i suoi compagni sono tornati a scuola: le misure anti covid 19 della scuola sono state rispettate e il contagio è rimasto circoscritto alla famiglia della ragazzina. Non potrebbe essere altrimenti visto che le regole stabilite vengono fatte rispettare inflessibilmente dal responsabile covid, che ogni tanto ci tira le orecchie, sia verbalmente che con circolari e richiami. A lungo andare, infatti, allentiamo la presa, anche senza volere. Sgarra oggi sgarra domani e il richiamo arriva inesorabilmente.

Fra un mese esatto finirà quest’anno scolastico faticoso e pieno di novità, che ci saremmo risparmiate e procrastinato a tempi migliori. Mancano meno di cinque settimane, circa una ventina di giorni effettivi di lezione. Lo so con precisione perché ad un certo punto non ne potevo più e, subito dopo le brevissime vacanze pasquali, ho cominciato a fare il conto alla rovescia. Mi dava pace essere consapevole che ogni giorno era un giorno in meno.
Essere responsabile ogni secondo della tua sicurezza e della sicurezza degli alunni è veramente stancante. Alcuni giorni ho sei ore frontali, tra cui la merenda e la mensa, che dovrebbero essere momenti conviviali, spensierati, ma che sono quelli di maggior pericolo perché siamo tutti privi di mascherina e bisogna vigilare con più attenzione.

La nostra scuola primaria non attiverà i corsi estivi proposti dal Ministero: abbiamo bisogno di riposare e recuperare le forze per il prossimo anno, che sarà impegnativo come questo.
Anche se le vaccinazioni saranno completate, abbiamo capito che il virus continuerà a circolare, seppur con meno intensità e letalità continuerà a far danni. Aggiorneremo i protocolli e continueremo a fare il nostro lavoro, ma per recuperare la serenità e la libertà di due anni fa dovremo aspettare ancora un bel po’.

Non so quando avrò il coraggio di fare un bel viaggio all’estero, in una bella città europea, come quello che facemmo a Barcellona nel 2019. Non mi metto limiti, ma per ora mi sembra alquanto azzardato.
Durante la settimana di zona rossa stufa di seguire i bollettini ho cominciato a seguire tanti profili di Instagram su Barcellona. Mi dava pace vedere luoghi che avevo visitato e amato: che bello vedere che la vita continuava anche lì! Anche se con le mascherine, il distanziamento e il gel per le mani. Mi incanto a seguire il procedere dei lavori per il completamento della Torre di Maria della Sagrada Famiglia.

Lasciando Barcellona, ho promesso a Gaudì che ci sarei tornata almeno dopo il 2026, anno di completamento dei lavori. Non so se ce la faranno. Ma nel 2026, fra cinque anni il virus sarà scomparso?