Estate di San Martino.

 

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Queste giornate meravigliose sono degne dell’Estate di San Martino. Sono tiepide, e luminose. Il Babbo nel complesso sta bene e fa le sue piccole e grandi cose. Ieri era impegnato nella raccolta delle olive delle tre piante dell’orto. In mezza giornata con mia madre, mia sorella e il marito hanno finito il lavoro. Dall’orto arrivavano le foto di lui arrampicato nella scala con mio cognato sotto che la teneva ferma. Domani ritirerà l’olio dal frantoio. Saranno pochi litri, ma la soddisfazione non è quantificabile. Di sera sono andata a trovarli ed erano tutti stanchi morti. Ma vuoi mettere il gusto delle bruschette o bottarga con il tuo olio?

Pure io non scherzavo in quanto a stanchezza visto che avevo il turno pomeridiano. I bambini, ora in quarta, sono più scolarizzati, ma figli del nostro tempo, sia annoiano subito e hanno l’attenzione dei pesci nella boccia. Vorrebbero sempre novità. Non si fermano a riflettere. Hanno uno stuolo di adulti ai loro piedi e vogliono tutto e subito, non vogliono faticare a cercare nel dizionario le parole che non conoscono e chiedono sempre alla maestra, che però li rimanda al punto di partenza. Senza cadere nella trappola. In compenso lavorano bene in coppia o in piccolo gruppo. Anche i lavori individualizzati sono di loro gradimento. Faticano moltissimo invece a stare attenti durante le lezioni di storia e geografia. Cerco di limitare al massimo quelle frontali, ma a volte ci toccano. E cadono le matite, gli astucci, sfogliano libri e quaderni, cercano di coricarsi sui banchi, si dondolano nelle sedie. Però pian piano, con le buone e le cattive il loro tempo di attenzione aumenta.

Siamo a due mesi dall’inizio delle lezioni e nonostante tutto sono più tranquilla, ho ben avviato tutti i programmi, sto cercando di non portarmi quaderni da correggere a casa, anche perché mi fanno male o le braccia o la schiena. Abbiamo risolto più o meno brillantemente alcuni problemi con dei genitori. Insomma, per il momento vivo una situazione di tranquillità. Speriamo duri tanto.

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Autunno

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Siamo in autunno. E’ un autunno disastroso con piogge incessanti, fiumi esondati, foreste distrutte e troppi morti, troppi. Un autunno così mi sembra di non averlo mai vissuto. Un autunno che è iniziato presto. Un autunno iniziato già a metà agosto. Noi siamo andati in vacanza per una settimana al mare in Ogliastra e abbiamo avuto una settimana di pioggia. Non c’è stato giorno che non abbia piovuto. Quasi tutte le notti venivo svegliata nel bel mezzo del sonno dai tuoni o dalla luce dei fulmini. Mentre Marito non batteva ciglio, io sedevo in una poltroncina del balcone vista mare. Lì per decine di minuti, in tutta sicurezza, contemplavo la natura che furiosamente mandava raffiche di lampi in mare. Di fronte a questo spettacolo di suoni e colori. Rimanevo lì impaurita da quella forza millenaria, ma soprattutto affascinata. Mi sentivo piccola e inerme, ma felice di poter assistere a quel magnifico spettacolo senza danni e patemi. Nonostante il clima non fosse dei migliori, siamo riusciti a ottenere dalla vacanza quello che volevamo: riposarci, mangiare bene, vedere dei bei posti e staccare un po’ dalla vita quotidiana.

Anche se poi proprio il penultimo giorno di vacanza,  finalmente  davanti a uno splendido mare, una chiamata dall’ospedale mi avvisava che la TAC di mio padre non era per niente buona, anzi confermavano i sospetti di febbraio, che fino a quel momento erano rimasti tali, perché le successive analisi erano state buone. Purtroppo quello che si temeva è diventato realtà.  L’autunno per me è cominciato quel giorno, anche se a ripensarci non c’è stata né primavera e neppure estate.

Da quel momento è stato un rincorrersi di medici, visite, referti spediti ad altri ospedali, consulti e decisioni dure e rassegnate. Ad un certo punto la medicina s’inchina alla fragilità della biologia. Inizia la fase dell’accudimento e della protezione del più debole.

Così io e mia sorella abbiamo deciso di non riferire subito a mia madre la diagnosi negativa. In quei giorni babbo stava molto bene, faceva tutte le sue cose: usciva in piazza, andava all’orto, litigava con mia mamma e con l’auto che solo lui riesce a mettere in moto. Poi il mese scorso l’abbiamo detto a mia madre, che ovviamente aveva sospettato, e come tutti fino a che non te lo confermano, anche se pensi al peggio credi al meglio. Proprio per questa motivazione su consiglio del medico curante si è deciso di non dirlo a mio padre.  Anche adesso lui fa tutte le sue cose, e si scoccia per questi giorni di pioggia che gli impediscono di raccogliere le olive e controllare lo zafferano. Alcune settimane fa  gli hanno rinnovato  la patente per un altro anno. Fa tutto ma si stanca più facilmente.

Cosa si fa nell’attesa del verdetto? Si continua a vivere (Angie Thomas, The hate ug give)

Chi ha già vissuto situazioni simili, sa già che significa.  Quando ti danno la notizia è come se improvvisamente spegnessero tutte le luci e tu devi continuare a vivere al buio, cercando a tentoni interruttori o mozziconi di candela per rischiare la notte fonda.

Vorresti urlare e non urli. Vorresti distruggere e proteggi.

Vorresti partire e rimani. Vorresti piangere e consoli.

Vivo alla giornata, consapevole che la vita è così, bella e crudele.

E’ una ruota che gira. Tocca a tutti.

Ora tocca a noi