16 anni di matrimonio: Nozze d’Edera

L’8 dicembre abbiamo festeggiato 16 anni di matrimonio, conosciute anche come Nozze di Edera.
Sin dall’antichità la pianta dell’edera ha un potente significato simbolico: continuità e fedeltà.

Il colore delle nozze di edera è il verde smeraldo. Il fiore per questo anniversario è il limonium, i cui fiori hanno la caratteristica di rimanere belli anche se sono secchi. Anche qui la simbologia è molto chiara.

Gli impegni scolastici del periodo sono stati molto stancanti per cui non abbiamo organizzato niente, decidendo che avremmo fatto qualcosa in base alle energie mattutine dell’Immacolata.

Ci siamo svegliati con calma, come sempre per il nostro anniversario abbiamo tirato fuori la tovaglia e il servizio buono per fare colazione. Dopo abbiamo controllato gli orari delle messe del Santuario di Bonaria a Cagliari e alle 11 eravamo là. Dopo la messa siamo andati in centro città per un cercare un ristorante aperto.
La giornata era fredda e uggiosa, non invitava a stare in giro, per cui ci siamo recati subito nel ristorante dove volevamo pranzare. Siamo stati fortunati, anche senza prenotazione
poco prima delle 13 eravamo già seduti a tavola.
Con gioia abbiamo mangiato le nostre prelibatezze preferite. Accanto a noi c’era una coppia che festeggiava, tra alti e bassi, gioie e malattie, 44 anni di matrimonio.

 L’8 dicembre è da sempre una bella data per sposarsi. È impossibile dimenticare l’anniversario, per cui noi non abbiamo mai mancato l’occasione di festeggiarlo.

Atrus annus! Ai prossimi anni!

Zizzania, una poesia di Louise Gluck

Loglio ubriacante conosciuto come Zizzania. Wikipedia

Dalla raccoltaL’Iris selvatico“, il Saggiatore, traduzione di Massimo Bacigalupo.

ZIZZANIA

Qualcosa
viene al mondo indesiderato
invocando disordine, disordine – 

Se mi odi tanto
non preoccuparti di darmi
un nome: ti serve
un altro insulto
nella tua lingua, un altro
modo di incolpare

una tribù di tutto –

lo sappiamo entrambi
se adori 
un solo dio, ti serve
un solo nemico –

Io non sono il nemico.
Solo un trucco per ignorare
ciò che vedi accadere
proprio qui in questa aiuola,
un piccolo modello
di fallimento. Uno dei tuoi preziosi fiori
qui muore quasi ogni giorno
e non puoi riposare finché
attacchi la causa, vale a dire
qualsiasi cosa rimanga, qualsiasi cosa sia
per caso più resistente
di quella che ti appassiona

Non era fatta 
per durare sempre nel mondo reale.
Ma perché ammetterlo quando puoi continuare
a fare come sempre fai,
dolerti e incolpare,
sempre le due cose insieme
.

Non mi serve la tua lode
per sopravvivere. Ero qui prima, 
prima che tu fossi qui, prima
che tu abbia mai piantato un giardino.
E sarò qui quando rimarranno solamente
il sole e la luna, e il mare, e il campo largo.

Costituirò il campo.

Tre anni fa, nell’ottobre del 2020, la poetessa e saggista americana Louise Gluck vinse il premio Nobel per la letteratura “per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”. Fino a quel momento non avevo mai sentito parlare di lei e non avevo letto neanche una poesia, ma quelle che vennero pubblicate nei giornali mi piacquero tanto che ordinai subito L’iris selvatico e Ararat le due raccolte che erano già in pubblicazione in Italia. In questi anni ho comprato e letto altre raccolte di sue poesie e non mi hanno mai deluso.
Luise Gluck era molto conosciuta negli USA, aveva già vinto parecchi premi e il presidente Obama nel 2016, alla Casa Bianca le aveva conferito la National Humanities Medal, un premio che viene dato ogni anno a più personalità che operano nel camp degli studi umanistici.


In questi anni oltre alle sue poesie, ho anche letto con simpatia le notizie che la riguardavano. Una notizia mi aveva colpito in modo particolare. Una parte del denaro ricevuto per il Nobel lo spese per noleggiare un aereo per andare da Boston a San Francisco a trovare il figlio e le nipotine. Ricordo che nel 2020 eravamo nel bel mezzo della pandemia del covid e che buona parte dell’anno abbiamo vissuto in lockdown, viaggiare era un terno a lotto e che farlo in sicurezza, senza beccarsi il virus, era quasi impossibile.
La poetessa raccontò: «Era difficile e pericoloso viaggiare in aereo per arrivare qui. Così ho utilizzato una parte del denaro ricevuto con il Nobel per noleggiare un piccolo aereo privato. Quando mai nella mia vita avrei pensato di dover ricorrere a una simile soluzione? Era però più sicuro e poi chi dovrebbe utilizzare questo denaro? Adesso, però, ne ho meno».
Grandiosa! Scegliere le cose importanti da fare nella vita e puntare tutto, o parte delle delle nostre risorse per realizzarle.

Poco fa ho letto che ieri, 13 ottobre 2023, Louise Glouck è morta all’età di 80 anni. Tre anni fa in questi giorni la conoscevo per il Nobel e oggi mi rattristo per la sua scomparsa.
Mi lascia oltre a innumerevoli scritti e poesie e il ricordo che dopo tanto tempo, pur di rivedere i suoi cari non badò a spese.

Avevi ragione Louise, quando dicevi che nella pandemia l’arte e la poesia ci avrebbero salvato. Aggiungo io che, la poesia in questo momento ci fa riprendere fiato dalle notizie orribili della vita di tutti i giorni.

L’importanza dell’educazione degli adulti nella società

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Nei commenti al post precedente tutti concordavamo che, per incidere e combattere il patriarcato e la cultura dello stupro, occorre partire dall’educazione. Sono completamente d’accordo, la società italiana ha bisogno di più educazione. Ma la soluzione non è solo quella invocata a gran voce, anche in questi giorni: la scuola! La panacea di tutte le problematiche italiane: dedicare ore all’educazione, in questo caso educazione sessuale.
Chi propone questa soluzione, certamente ha la visione di una scuola che non corrisponde alla realtà odierna. Ricorda una scuola dove gli alunni sono tutti zitti, che ascoltano rapiti per ore l’insegnante, e che poi una volta istruiti mettono in pratica quello che è stato loro insegnato.
In nessun ordine del nostro sistema scolastico esiste più una cosa del genere, neanche al nido!


Le scuole non sono più quelle di una volta, gli alunni di oggi non sono più quelli di cinque anni fa! A volte in meglio, eh!
Ad esempio, con i miei piccoli alunni è capitato, incidentalmente, di parlare di uomini e donne che amano persone dello stesso sesso: nessuno si è meravigliato, tutti hanno annuito. Qualcuno ha parlato di zie e zii omosessuali che si sono sposati, che vivono insieme e loro abitualmente frequentano, a cui loro vogliono bene. Nessun clamore, per loro è un dato di fatto. Ma che bellezza! Il mondo non è perduto.

È vero che c’è tanto lavoro educativo da fare, ma anche la nostra cultura sta cambiando. Troppo lentamente, ma ci stiamo evolvendo. Solo il fatto che quando qualcuno dice o fa qualcosa di sbagliato ci sia una levata di scudi, molte volte è un fatto altamente positivo.

Non sono più accettabili, commenti, battute, gesti che 15 anni fa erano considerati normali.
Ricordo quando Michela Murgia, nel 2010 vincitrice del premio il premio Campiello, protestò al teatro La Fenice di Venezia, contro il presentatore Bruno Vespa che indicando la scrittrice Silvia Avallone alla regia disse: “Prego inquadrare lo spettacolare decolletè della signorina. Allora bene, complimenti”!
Se Michela Murgia non lo avesse protestato e apostrofato come “vecchio bavoso”, anche questo episodio sarebbe passato inosservato. Lui si offese, ma purtroppo non era la prima volta che faceva uscite del genere.
Credo che oggi a nessun presentatore italiano verrebbe in mente di fare una cosa del genere, per paura di essere redarguito in diretta e di finire nei trend di Tweet e quindi nelle pagine di tutti i media.

Certamente abbiamo bisogno di più educazione, soprattutto dell’educazione degli adulti, di quella dei genitori in primis.
Agli occhi dei giovani sembriamo eterni adolescenti: ci vestiamo, mangiamo e vogliamo fare tutto quello che fanno i giovani e i giovanissimi. Vogliamo essere sempre trasgressivi, poco inclini alle regole, vogliamo solo diritti e nessun dovere.


La maggior parte dei genitori demanda l’azione educativa alla scuola, alla parrocchia, alle società sportive e ricreative. Pensiamo che sia lo Stato a doversi occupare di tutte le educazioni possibili ed immaginabili. Tutti si dovrebbero occupare dell’educazione dei bambini e ragazzi, tranne quelli che se ne devono veramente occupare fin dal concepimento: i genitori.


A mio parere, purtroppo i genitori oggi sono impegnati a competere con i propri figli e figlie. Un esempio clamoroso l’ho avuto quando un terapista sbalordito, mi ha raccontato che una sua paziente deve dirimere tutti i giorni i litigi tra il figlio e il marito che si contendono l’uso della playstation! E non era neanche il primo caso

Alla gioventù noi adulti stiamo togliendo l’aria e lo spazio in cui crescere. Ci intromettiamo in questioni che dovrebbero sbrigare da soli, all’interno del gruppo dei pari e nel contempo non ci occupiamo delle cose veramente importanti.
Non accettiamo che ci vedano come gli adulti che dettano le regole. Per tenerceli teniamo buoni li compriamo con soldi, abiti, telefoni, permettendogli cose pericolose e fuori legge.

Non vogliamo vederli piangere, soffrire. Non sopportiamo che ce l’abbiano con noi. Diciamo sempre sì, a volte mettendo a rischio la loro incolumità e quella degli altri.
Quando succede l’irreparabile è troppo tardi. La maggior parte delle volte la tragedia è dovuta a tutti quei sì che invece dovevano essere dei no!

La gioventù è veramente bisognosa di adulti che diano sicurezze e certezze. Ha bisogno di porti sicuri dove approdare. Se chiedono qualcosa la cui risposta è no, deve essere sempre no. All’infinito, no. Non ci devono prendere per sfinimento.
Chiedono sicurezze, limiti che non diamo e che invece i giovani invocano a gran voce. Vogliono adulti veri, non finti giovani.
I genitori devono assolutamente prendere in mano l’educazione dei propri figli. Se non si capisce questo concetto e si agisce di conseguenza, la maggior parte di quello che si fa esternamente alla famiglia non avrà successo. Sarà destinato al fallimento.

La prima agenzia educativa è la famiglia, i genitori, tutte le altre agenzie educative sono di aiuto, non si possono sostituire alla famiglia. La scuola, la parrocchia, le società sportiva e ricreative aiutano la famiglia nel percorso di educativo dei bambini e ragazzi. Non sono agenzie educative sostitutive o alternative alla famiglia. I genitori sono i presidenti di questa agenzia, non devono demandare a nessuno questo compito. I no devono essere prima detti dai genitori. .

Nella società odierna invece i genitori sono amici, complici, sindacalisti, avvocati dei figli. Noi, le altre agenzie educative siamo in balia dei genitori. Non abbiamo più la sicurezza, abbiamo paura di dire dei no, di far rispettare le regole. I genitori vogliono sempre la deroga, l’elasticità. Maestra, mio figlio ha dimenticato il quaderno a casa, solo per questa volta, posso portaglielo nel corso della mattinata? NO! a te, a tuo figlio e a tutti gli altri alunni, oggi, domani e dopodomani. Sarà sempre no. La lezione non sarà persa, qualcuno gli darà i fogli. La prossima volta starà più attento.
È pazzesco, non si capisce che si impara a rispettare le regole dei grandi cominciando da piccoli. Dovrebbe essere ovvio, elementare, lampante, certo. Invece sembra così tremolante e traballante.
Diciamo la verità: nella scuola, nella parrocchia, nelle società sportive e ricreative aleggia la paura dei genitori e della loro reazione. Quanto ci vuole a ritrovarsi in una shit storm (tempesta di merda) nei social? Quanto ci vuole ad essere aggrediti verbalmente o fisicamente? Quanto ci vuole ad essere minacciati di denuncia o essere denunciati davvero, per una parola, un voto o una bocciatura? Non ci vuole niente. Anche se poi si risolve bene, son sempre dolori e affanni che causano insicurezza e ansie. Ma chi me lo ha fatto fare?
La prossima volta ci penserò bene a fare quel che è giusto. A rischiare la pelle per educare i figli degli altri. A perdere cause nei tribunali, dopo aver perso credibilità, sonno, soldi, certezze.

Che futuro può avere una società i cui insegnanti ed educatori hanno paura delle reazioni dei genitori? Il futuro ora come ora non sembra essere roseo, sembra che non sappiamo che pesci pigliare. È certamente difficile trovare voci positive in questo marasma quotidiano di notizie stremente. Tuttavia ci sono insegnanti, educatori che non si fanno intimidire. Ci dicono le cose come stanno e ci danno indicazioni sulla strada da percorrere. Addirittura anche in Sardegna sono state aperte delle scuole educative per adulti, tra l’altro molto seguite.

Se vogliamo, il futuro non è così fosco come sembra.
Animo, genitori, insegnanti, educatori, adulti, non tutto è perduto!