I giorni del coronavirus: Marina Abramovic

Più arte meno Covid-19

Ai primi di marzo, quando sembrava di essere affogati (sigh!) dalle notizie sul coronavirus, girava in Facebook un’iniziativa nata per alleggerire un po’ i nostri animi appesantiti. Chi l’aveva ideato voleva vedere in internet più ARTE e meno Covid-19. A chi metteva un MI PIACE al post gli veniva assegnato un artista del quale doveva pubblicare un’opera a libera scelta.
Di solito non partecipo a questo tipo di iniziative, ma a questa ho partecipato volentieri. Mi è stata assegnata Marina Abramovic. Carneade, chi fu costui? Beata ignoranza! non sapevo chi fosse Marina Abramovic.

Chi era per me Marina Abramovic

Proprio il giorno prima i titoli dei giornali dicevano che era morto il suo ex compagno Uly, ma andando di fretta non avevo letto gli articoli. Il cognome Abramovic mi faceva pensare al magnate russo che alcuni anni fa aveva comprato una squadra inglese e che poi aveva divorziato dalla moglie, per me, povera ignorante, lei era Marina Abramovic. Inoltre pensavo anche che questo Uly fosse il nuovo compagno di Marina Abramovic e che i giornali dessero questa notizia per fare un po’ gossip.

Chi è Marina Abramovic

Ovviamente, la verità è ben altra, lontana anni luce da quello che pensavo. L’ignoranza è una brutta cosa. Molto brutta. Per colmare la lacuna ho fatto un giro su internet e ho scoperto questa artista e le sue strabilianti performance.

Marina Abramovic è una grande artista contemporanea, che si è autodefinita “Nonna della performance artistica” , “Grandmother of performance art”.
Nelle sue performance lei stessa e il pubblico sono coinvolti sia a livello mentale che fisico.

Tra le opere più celebri di Marina Abramović ci sono la serie  Rhythm e le serie Freeing The Body, Freeing The Memory, Freeing The Voice, degli anni Settanta.

La performance Rhythm 5

Nella serie Rhythm l’artista infliggeva degli atti violenti verso se stessa per portare il suo corpo all’estremo limite fisico. Nella performance Rhythm 5 del 1975 la Abramovic rischiò pure la vita. In in una stanza si era distesa al centro di una stella a cinque punte in legno, che venne data alle fiamme. Perse i sensi e solo l’accortezza di chi assisteva alla performance la salvò dal rogo.

La performance Rhythm 0 a Napoli

Un’altra performance clamorosa, Rhythm 0, si tenne l’anno precedente, nel 1974, a Napoli. Marina Abramovic disse agli spettatori che per sei ore sarebbe rimasta immobile come un oggetto e ognuno avrebbe potuto fare del suo corpo ciò che desiderava. Senza essere punito.
Dapprima non successe nulla, ma dopo alcune ore, gli spettatori, con degli oggetti facenti, parte della stessa performance quali coltelli, piume, corde, forbici e persino una pistola, fecero scempio dei suoi vestiti e del suo corpo. Le tagliuzzarono i vestiti e la pelle e qualcuno le puntò la pistola. Fortunatamente altri spettatori intervennero e li bloccarono.
Per Marina Abramovic, nonostante tutto, la perfomance aveva raggiunto il suo scopo: aveva mostrato il peggio degli esseri umani che, se sicuri dell’impunità rischiano di dare sfogo alle peggiori fantasie sadiche, ma c’era un barlume di speranza, visto che alla fine, qualcuno si era opposto.

Marina e Ulay

Ad Amstrerdam nel 1976 Marina Abramović conobbe il performer tedesco Uwe Laysiepen (in arte “Ulay”). Nacque subito un profondo connubio artistico e sentimentale, dando vita a clamorose performance. In Italia è famosa Impendrabilia tenuta alla Galleria Comunale di Arte Moderna di Bologna, nel 1977. I due artisti, completamente nudi, si posero l’uno di fronte all’altro all’ingresso, che era molto stretto e dove gli spettatori erano costretti a oltrepassare per entrare nel museo. La performance, che doveva durare tre ore, venne interrotta da due poliziotti perché ritenuta oscena.
Anche il loro addio divenne un’opera d’arte, dal titolo The Lovers (1988).
I due infatti si recarono agli estremi opposti della Muraglia Cinese, lui partì dal deserto dei Gobi, lei dal Mar Giallo, e dopo una lunga camminata (2500 ck circa) si incontrarono a metà strada per abbracciarsi e dirsi addio.
I due si incontrarono poi nuovamente durante laperformance di Marina Abramović  The artist is presental Moma di New York nel 2010.
Questa performance, è durata tre mesi, durante i quali Marina Abramovic, era seduta ad un tavolo di fronte al quale era stata posta una sedia vuota. Su quella sedia poteva sedersi chiunque, per fissarla negli occhi.
In quella sedia si sono sedute circa 750 persone, lasciandola impassibile, fino a quando non le si è seduto di fronte un uomo dai capelli e dalla barba bianchi era Ulay, ventitré anni dopo il loro addio. Dopo essersi osservati a lungo, con le lacrime agli occhi gli ha stretto le mani e l’ha lasciato andare.

Potrei scrivere ancora e ancora perché le sue performance mi hanno molto incuriosito e lasciato a bocca aperta per lo stupore, e a volte per il fastidio.
Certo è che quando sento il suo nome, penso subito a lei e non al magnate russo!


6 pensieri riguardo “I giorni del coronavirus: Marina Abramovic

  1. Durante la scorsa quarantena ho letto Attraversare i muri, la sua autobiografia, uno spettacolo, si rivivono le sue performance tramite le sue parole e danno una luce incredibile a tutta la sua vita!

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