I giorni del corona virus: Didattica a Distanza, Codice Rosso, Codice Rosa e Didattica di Vicinanza

https://pixabay.com/it/users/jarmoluk-143740/?utm_source=link-attribution&utm_medium=referral&utm_campaign=image&utm_content=2847508

Dal 18 maggio, in Italia siamo entrati nella fase 2 dell’emergenza sanitaria, le misure si sono allentate e possiamo riprendere con cautela, la nostra una vita sociale. Abbiamo bisogno ancora di mascherine e gel, e di mantenere ancora le distanze.

In Sardegna la situazione è sempre stata sotto controllo. Abbiamo avuto pochi casi, circoscritti nella fase iniziale, ahimè, ad alcune case di riposo o pronto soccorso. Ora la situazione è molto positiva, da una settimana registriamo zero contagi e zero morti, pochi i ricoverati, pochissimi sono i malati in terapia intensiva.

Lentamente stiamo ripristinando tutto e fra poco si potrà riprendere a viaggiare in aereo, si sta predisponendo un protocollo affinché il turismo non venga messo ko e chi vuole, anche quest’anno, possa godere delle bellezze della nostra Isola. Non entro nel merito delle polemiche tra governatori e amministratori delle varie regioni. Dico solo che siamo tutti stanchi, cerchiamo di non sprecare le poche energie rimaste.

Per il momento non faccio niente di particolare, a fine serata dopo l’ennesima videoconferenza con la scuola, mi concedo delle lunghe passeggiate in solitaria, giro con la mascherina in tasca. Se incontro qualcuno che conosco mi fermo a parlare mantenendo le distanze. Nel mio vagabondare vedo che qualcuno non è proprio preciso preciso nel seguire le indicazioni sanitarie, ma siamo in una situazione in cui ce lo possiamo permettere. Esco per rilassarmi non per giudicare il prossimo.

Queste passeggiate sono salutari, oltre che a riattivare il metabolismo, mi fanno staccare lo sguardo dai vari dispositivi tecnologici siano pc, tablet e smartphone. Che stanchezza! Sollevare lo sguardo verso l’orizzonte e far riposare gli occhi è un vero sollievo. Dovrei diminuire le ore di connessione, ma la DAD, Didattica a Distanza, non me lo consente. Incombe la fine dell’anno scolastico e, come sempre, il lavoro non diminuisce affatto, aumenta a dismisura.

La mia DAD, rispetto alla fase iniziale decritta nel post dedicato, che trovate qui, si è evoluta notevolmente. Infatti la scuola alla fine di aprile con Google Education, ci ha permesso di attivare le Classi di Gsuite. Ne ho approfittato subito e ora con una disinvoltura mai immaginata, utilizzo le videoconferenze anche con i bambini, che in tutta sincerità nei primi giorni di quarantena ho giurato che non avrei mai fatto.

Fortunatamente l’essere umano di fronte ai problemi cerca nuove soluzioni, così di davanti alla “depressione” dei miei alunni ho voluto fare di più, quindi per tre giorni la settimana ci colleghiamo dal vivo per un’ora e mezzo, con grande gioia di tutti, compresa la mia.

È ovvio che la didattica in presenza sia migliore di quella a distanza, però io ringrazio di aver avuto la possibilità di mantenere i contatti con gli alunni e fare in modo che questi mesi non fossero completamente persi. Non ero pronta, come la maggior parte dei docenti, non avevo iniziato alcun percorso didattico che includesse anche attività online.

In pochissimi mesi mi sono dovuta inventare una scuola diversa. Ho fatto tante cose, abbiamo fatto tante cose, ho sbagliato tantissimo e ho corretto il tiro. Non mi sono mai data per vinta. È stato un grande lavoro collettivo, che ha richiesto enormi sacrifici da parte di tutti: insegnanti, genitori e bambini, le scuole e anche il ministero. Non è stato facile per nessuno. Tutti abbiamo lavorato tanto e tutti ci sentiamo frustrati. Potevamo fare di più? Sicuramente. Le scuole, le maestre, i professori potevano fare di più? Dovevano fare di più?

Tante critiche sono piovute addosso ai docenti e in certi momenti ho rasentato la depressione per l’incomprensione dei media e delle famiglie. I post di alcune blogger che seguo da tempo mi hanno fatto veramente male. Non ho mai commentato, non avevo voglia di sprecare le energie. Osservo sempre il principio del risparmio energetico delle forze psichiche e fisiche.

Anche noi docenti eravamo chiusi in casa con pochi mezzi, senza vedere nessuno, parlavamo con amici, parenti e colleghi solo al telefono. Anche gli insegnanti  erano alle prese con la DAD dei figli e sono impazziti per la marea di compiti, richieste che piovevano da piattaforme diverse. Molte mie colleghe sono esaurite, ma non è un modo di dire. Non sono semplicemente stanche, semplicemente non hanno più un goccio di energia. Davanti ad una circolare ministeriale o del dirigente, piangono calde lacrime e solo la promessa che le aiuterò si rasserenano un poco.

Io non sono esaurita, ma sono molto stanca e non vedo l’ora di mettere un punto fermo a quest’anno scolastico. Da subito non ho avuto grandi obiettivi: non ha avuto la pretesa di terminare il programma, non mi ha spaventato il fatto che avessi una quinta. Non ho mai pensato al programma, ma ho sempre pensato ai bambini che avevo davanti e alle famiglie. Il mio obiettivo è stato sin dall’inizio quello di essere presente e stare vicino alle famiglie, con qualunque mezzo e modo.

La mia classe ha un livello socio-economico medio alto. Certo è una situazione ottimale, ma i bambini della mia classe non sono un grafico dell’ISTAT, sono bambini veri, non sono numeri o sigle.

Nonostante questa felice situazione di partenza, all’inizio della quarantena alcuni bambini vivevano delle difficili situazioni familiari pregresse.  Non sempre i rapporti tra genitori dei miei alunni erano quell’idillio che veniva esibito nei momenti conviviali. Dietro la bella e costosa facciata ci sono spesso vite familiari complicate, che si sono acuite nel periodo della quarantena.  Una famiglia in particolare mi ha tolto il sonno, e nonostante la quarantena ho avuto modo di mantenere  contatti dal vivo, non solo telefonici e virtuali. E ho potuto constatare che il livello di conflittualità aumentava di giorno in giorno, fino ad avere percezione che c’erano gli estremi per far scattare i provvedimenti della legge Codice Rosso, visto la situazione di massimo pericolo. Invece del Codice Rosso, purtroppo è scattato il Codice Rosa.

La tenuità colore non inganni. Il Codice Rosa si applica quando una vittima arriva al pronto soccorso con delle lesioni dovute a violenza, il Codice Rosso è applicato dal giudice e può prevenire il Codice Rosa con l’allontanamento del soggetto violento dal nucleo familiare.

Il Codice Rosa vuol dire fratture, denti rotti, bambini testimoni, avvocati, dottori, giudici, psicologi e assistenti social, relazioni da scrivere. Fortunatamente ci siamo risparmiati i titoli di giornali e i giornalisti delle tv locali.

Sono stata sempre vicina a tutte le famiglie e mi sono adoperata affinché nessuno si perdesse. Ho dato a tutti quello che ritenevo avessero bisogno: quell’incoraggiamento a non arrendersi anche nei momenti difficili e tristi.

Con orgoglio posso dire: nessuno si è perso. È questa la vittoria mia e dei bambini. È questo il significato più vero della mia Didattica a Distanza: una didattica di vicinanza.

Foto di Michal Jarmoluk da Pixabay 

I giorni del coronavirus: la mia esperienza di maestra alle prese con la Didattica a Distanza

Ho appena finito di leggere un post di una blogger che dà dei consigli per trascorre il tempo di questo periodo di quarantena dovuto alla pandemia del coronavirus. Mi piacerebbe avere il tempo di fare tutte quelle belle cose, ma se prima non avevo tempo ora, assurdamente, ne ho meno.

Nel post precedente ho raccontato delle ultime ore di scuola prima della chiusura delle scuole del marzo. Ho salutato gli alunni sapendo che non ci saremmo visti per molto tempo, ma gli ho detto che ci saremmo tenuti in contatto e che avrei mandato dei compiti da fare, soprattutto per non abbruttirsi e cadere nella noia o disperazione più totale. La scuola anche nei momenti riesce sempre a far sollevare lo sguardo e far dimenticare le tragedie che stiamo vivendo.

Prima di entrare in azione ho aspettato l’inizio della seconda settimana, infatti ero riuscita ad assegnare qualche attività. Visto che la maggior parte dei genitori lavora, non volevo metterli in difficoltà, nei primi giorni non era ancora stato attivato lo Smart Working e molti alunni erano affidati ai nonni, cosa assolutamente sconsigliata.

Devo dire che in quei momenti ho cercato di riprendermi dallo shock, visto che gli insegnanti non vivono su Marte e non hanno l’immunità dal corona virus, anche io ero alquanto provata dalla situazione. Nel frattempo insieme alla mia collega, con una serie di telefonate fiume abbiamo deciso il da farsi. Innanzitutto, non volevamo impelagare le famiglie nella video didattica, in quanto sarebbe stata molto difficile da attuare per tutti gli alunni, soprattutto quelli che stanno vivendo delle situazioni familiari pregresse già molto complicate. I bambini della scuola primaria non devono essere mai lasciati soli davanti al pc o il tablet, neanche quando si fanno le lezioni a distanza, perché purtroppo si può incappare in spiacevoli episodi che diventano reati penali. La cronaca degli ultimi giorni ci dice che siamo state previdenti. Infatti alcuni malintenzionati si sono introdotti nelle videolezioni in diretta di alcuni istituti e gli alunni si sono trovati ad assistere a scene violente o di porno. Chi è stato denunciato? Gli insegnanti, ovvio.

Prima di fare le mie proposte, ho fatto un po’ di ricerche tra i siti dedicati alla scuola e i vari gruppi di insegnati, così ho deciso che per il momento la video didattica l’avrei lasciata in sospeso. Sentita la rappresentante dei genitori, santa subito, abbiamo ritenuto opportuno continuare a usare whatsapp, visto che tutte le famiglie hanno questa applicazione. Mandavo i compiti alla rappresentante che poi girava al gruppo dei genitori. I bambini ricevevano anche i miei messaggi vocali, sia di saluto che la lettura di capitoli di un libro che avevamo iniziato a leggere a scuola.

Whatsapp però alla terza settimana lo abbiamo abbandonato: stavamo tutti impazzire a seguire le varie chat. Così ora usiamo il registro elettronico, una cartella condivisa di Google Drive e la posta elettronica. Il registro è il canale ufficiale, ma non tutte le famiglie accedono ad esso, inoltre non posso caricare audio o video, così utilizziamo Drive. Qualche famiglia viene raggiunta in privato con whatsapp. I compiti da correggere me li inviano alla mail.

E’ difficile, ma la didattica a distanza è un valido strumento che in questo momento sta sostituendo la didattica in classe.

Che attività propongo nella mia didattica a distanza?

Nella didattica a distanza propongo solo attività che possono essere svolte in autonomia da tutti i bambini. E’ la prosecuzione del metodo attuato in classe. Per quanto riguarda l’italiano propongo studio dei verbi, schede e attività di recupero o potenziamento di riflessione linguistica, lettura di testi e attività di comprensione del testo. Per quanto riguarda gli esercizi mando delle schede da ricopiare e completare, non devono essere stampate, la settimana successiva mando le schede completate da me così loro possono autocorreggere il compito. In storia e geografia possono andare avanti a studiare da soli: mando audio lezioni, link di video, pagine del libro di testo da leggere e schematizzare.

La maggior parte dei bambini sta seguendo benissimo, alcuni non seguono il ritmo sopratutto pigrizia e hanno lavori in arretrato, per invogliarli a lavorare li chiamo al telefono e, in accordo con le famiglie, li striglio ben bene. Li minaccio di uscire di casa e prendermi la multa, che pagheranno loro, per andare a casa loro e controllare i compiti. Devo fare la strega anche ora che non ne avrei proprio voglia. Il metodo è un po’ rude, però efficace. Infatti si stanno mettendo in pari con il lavoro. I genitori mi ringraziano per la presenza e per il sostegno. I bambini sono sereni e consapevoli che non è una vacanza. Ci scrivono che gli manca la scuola, i compagni, la ricreazione, la mensa e anche le sgridate delle maestre! Poveri cuccioli! Intanto che ho avviato e aspettando che finalmente la scuola avvii la piattaforma d’istituto per le classi virtuali sto studiano qualche altra metodologia che ravvivi un po’ i nostri contatti.

Anche a me manca tantissimo la scuola e soprattutto gli alunni. Mi sento derubata dei nostri ultimi mesi. Chissà se riusciremmo a tornare a scuola, io me lo auguro, per almeno due o tre settimane. Sarei proprio felice di poter vederli, e concludere le cose lasciate in sospeso, ma soprattutto per rinsaldare quel filo che ci tiene legati in questo periodo. Non saremmo le stesse persone di prima, i bambini saranno diventati ragazzini, e noi insegnanti avremmo acquisito un’esperienza incredibile. Un’esperienza umana che va ben aldilà dei programmi e della didattica, sia tradizionale che a distanza. Un’esperienza che nella nostra vita futura sarà un faro sempre acceso: se ho superato il periodo del coronavirus, supererò anche altre difficoltà.

In questa situazione, cosa che non ho mai fatto nella mia carriera scolastica, ho allentato le maglie della mia privacy: chiamo le famiglie con il mio numero, tanto sono in quinta e tra pochi mesi la scuola in qualche modo terminerà, l’anno prossimo non avrò la preoccupazione di essere disturbata per questioni scolastiche. Così stanno facendo le colleghe delle altre quinte, mentre per ovvi motivi le colleghe delle altre classi, soprattutto di prima e seconda, continuano a rapportarsi solo con le rappresentanti di classe. E a dire la verità, anche così alcuni genitori sono riusciti, con saccenza e interventi inopportuni, a disturbare le insegnanti dei loro figli.

Improvvisamente ci siamo trovati a vivere situazioni eccezionali, e tutti, in tutti i settori, stiamo dando del nostro meglio, stiamo facendo con audacia cose che mai avremo pensato di poter fare o sopportare. Come dico a tutti la priorità è non essere contagiati e non contagiare, tutto il resto si fa o si farà.

Sui giorni del coronavirus ho scritto anche questi post

  1. Il coronavirus è come il rock viaggia senza passaporto
  2. I giorni del coronavirus: i sempre più incalzanti decreti del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
  3. I giorni del coronavirus: cronaca dell’ultimo giorno di scuola