
Di tutto mi sarei aspettata, ma non che alla fine della pandemia ci saremmo trovati sull’orlo di una guerra nucleare.
Eravamo così impegnati a combattere la guerra contro il virus, che non ci siamo accorti che qualcuno la guerra fatta con carri armati e bombe la stava pianificando davvero.
Giuro, ho stentato a crederci, anche il 24 febbraio, presa dalle mie incombenze non sono stata attenta ai notiziari e alla lettura dei titoli dei giornali. Rifiutavo la possibilità che davvero Putin potesse fare quello che stava facendo.
Invece l’incredibile realtà sta accadendo. La Russia ha invaso l’Ucraina.
Non è un film che dopo due ore finisce, non è come quando gli occhi stanchi si staccano da un videogioco e ritrovano la tua stanza intatta. Le tue cose sono lì, il tetto è sopra la casa, i muri sono intatti, l’acqua esce sempre dal rubinetto, nel palazzo di fronte sventolano i panni stesi dei vicini. Tutto funziona: le strade, le poste, la scuola i treni. C’è sempre il greenpass. Ohi! Che scocciatura aspettare due secondi perché l’app non lo legge bene!
Una nazione, l’Ucraina, è messa letteralmente a ferro e fuoco per i sogni di potere russi. Una nazione minaccia il mondo di una guerra nucleare se non gli viene permesso di completare i suoi maledetti progetti. Risuonano nelle nostre case parole che sanno di antico, discorsi che avevamo sentito dai nostri nonni e padri, vicende che abbiamo letto e studiato, argomenti che abbiamo portato alle interrogazioni o esami. Tutte cose che pensavamo fossero passate, lasciate alle spalle.
Gli uomini, gli europei, avevano capito che guerre e battaglie erano sorpassate. Invece, no. Abbiamo tirato fuori gli atlanti per capire bene dove si trovano le città sotto assedio e quanto siano vicine a noi.
Mentre i bambini giocavano in giardino, durante la ricreazione, ci chiedevamo: scappi o rimani? Io non lo so. Bisogna trovarsi in mezzo ai bisogni contingenti. Una decisione così si prende in un attimo e cambia il corso di un’intera esistenza.
Una collega affermava che lei non sarebbe rimasta a combattere per la Patria come stanno facendo molti ucraini, affermava di non essere patriottica, di non provare niente verso la Patria. Mi ha spiazzata, ma le ho risposto che a lei sembrava così, perché essere patriottici o no a noi in questo momento non cambia niente. Per la Patria hanno combattuto i nostri nonni e bisnonni. Tutto quello che abbiamo ora: benessere, tranquillità, democrazia, lo abbiamo avuto gratis, ma altri hanno combattuto e perso la vita per farci avere un futuro migliore e fino ad ora ne abbiamo inconsapevolmente goduto a piene mani.
Non ha potuto che darmi ragione. Però questo discorso ha continuato a ronzarmi per ore e alla fine ho chiarito dentro di me il concetto di Patria.
Patria non è un concetto astratto.
Patria è il paese in cui vivo, lavoro.
Patria è la mia famiglia, i miei amici.
Patria è ciò che mangio, bevo.
Patria sono i libri che leggo.
Patria sono le canzoni che canto.
Patria sono le ricorrenze e le feste.
Patria è tutto questo e tanto altro.
Per tutto questo combatterei.
L’Italia è la mia Patria
e non mi sognerei mai
di invadere e sottomettere la Patria di un altro.