E’ venerdì sera. La mia settimana scolastica finisce il venerdì alle 16,30. Torno a casa con l’adrenalina a mille, mi sembra di avere energia per fare mille cose. Invece piano piano mi affloscio e non ho voglia di fare niente. Salto da un social all’altro, leggo i giornali online. Non sbrigo alcun lavoro scolastico perché mi uscirebbe dagli occhi e dovrei rifare tutto.
Ripenso agli avvenimenti scolastici della settimana. Ormai la routine è quasi rodata e ho capito come sopravvivere alle ore pomeridiane senza urlare troppo. Abbiamo lavorato tanto e ho corretto tutti i quaderni! Ieri li ho portati a casa per completare le correzioni e vedere con calma a che punto sono con l’ortografia. La maggior parte se la cava abbastanza bene, per altri bisogna lavorare duramente, ma certamente miglioreranno.
I bambini sono contenti e pure i genitori. Qualcuno che mi conosce da tempo perché ho avuto altri figli mi vede più rilassata e gioiosa. E’ vero, sono contenta. Sto facendo quello che mi piace e i bambini mi danno tante soddisfazioni. Riesco ad aver un contatto più ravvicinato con loro e a trovare soluzioni per risolvere i problemi.
A casa ripenso alle uscite dei bambini e rido. Tipo questa:
Si parlava di diritti e uguaglianza tra le persone, io ero tutta presa e mi sono scordata che i miei alunni hanno sette anni, non dieci. La differenza d’età è abissale perché a sette anni non hanno sviluppato ancora il senso dell’ironia e delle metafore.
Io: Siamo tutti esseri umani, non importa se uno è bianco, nero, rosso, giallo, a palline o a strisce…
Tutti mi guardano con occhi sgranati. Gli occhi di Dino da dietro gli occhiali sembrano ancora più grandi: maestra, ma davvero esistono uomini a pallini e a strisce?
E fu così che in classe si scatenò l’inferno.
Compito a casa per la maestra: ripeti mille volte – i miei alunni hanno sette anni i miei alunni hanno sette anni i miei alunni….