Come si può risolvere l’emergenza educativa dei giorni nostri

people-2557399_640

Sempre più frequentemente arrivano notizie e filmati terrificanti di ciò che talvolta succede nelle aule scolastiche.  Leggiamo e vediamo che sono in mano a giovani che bullizzano coetanei, mancano di rispetto ai loro docenti, arrivando talvolta ad umiliarli, irriderli, picchiarli o addirittura ferirli con armi da taglio. Capita anche che i docenti  o i presidi vengano malmenati da genitori o da bruti da loro delegati.

In tanti rimangono sorpresi da queste notizie, alcuni pensano che questi episodi riguardino solo certi indirizzi di scuole e non altri, altri ancora pensano che queste vicende accadano solo nelle scuole di periferia o in quartieri malfamati. Se leggiamo attentamente le cronache vediamo che invece sono coinvolti anche alunni di scuole che hanno una buona reputazione o che sono al centro delle città. Si rimane sorpresi anche del fatto che tra i ragazzi protagonisti di quesi gesti ci siano figli di famiglie considerate perbene.

Molti rimangono sorpresi, si interrogano e propongono soluzioni. Tutti hanno qualcosa da dire, ma raramente vengono ascoltati i docenti. In questi mesi ho letto tanti articoli, ascoltato molte interviste, ho seguito dibattiti televisivi, ma pochi hanno dato voce ai maestri e i professori.  Quando succede è perché è successo qualcosa di grave, l’insegnante è sotto choc, gli si chiede se ha perdonato il colpevole. Si cerca il titolo ad effetto per il tg o l’articolo del giornale. Pochi approfondiscono e stanno ad ascoltare quello che hanno da dire i docenti che vivono la scuola ogni giorno.

Per anni abbiamo sottolineato che la situazione stava degenerando. Per anni abbiamo  parlato nei consigli di classe e interclasse o nei collegi dei docenti. Circa vent’anni fa gli episodi erano sporadici, limitati a pochi casi di alunni che vivevano situazioni particolari. Si risolveva chiamando i genitori che poi intervenivano e rimettevano in riga il proprio figlio. Poi pian piano la situazione è precipitata, fino ad arrivare all’emergenza educativa di oggi. Sottolineo che quello che affiora è la punta di un iceberg gigantesco, che tocca tutta l’Italia, tutte le generazioni scolastiche. Anche io potrei citare degli esempi della mia scuola primaria o della scuola materna, che fortunatamente non vedono protagonisti gli alunni, ma genitori intemperanti. Mentre nella scuola media del mio paese sono alcuni ragazzi che si sono resi protagonisti di casi simili a quelli dei filmati.  So anche di alcuni episodi nelle scuole medie dei paesi limitrofi. In tutti i casi sono stati presi dei provvedimenti, all’inizio blandi e poi sempre più severi. Ma la situazione non migliora, anzi, peggiora.

Chiediamoci come mai. La situazione è complessa e non riguarda solo la scuola. I ragazzi e le ragazze non diventano intemperanti varcando la soglia dell’edificio scolastico, mentre negli altri ambienti sono bravi e rispettosi. I miei alunni vivaci lo sono anche al catechismo, a calcio e le feste di compleanno. Se c’è l’educazione da parte della famiglia che s’impegna ad educare e a correggere il proprio figlio, quest’educazione si manifesta in ogni ambito sociale. La verità è che spesso le famiglie rifiutano il loro ruolo educativo e lo demandano ad altri. E’ più comodo e sbrigativo, accontentare in tutto e per tutto i figli e poi lasciare la parte dei cattivi ai docenti, catechisti, educatori e istruttori. E’ più facile protestare quando i ragazzi vengono sgridati, puniti o esclusi dal gruppo per le intemperanze o la maleducazione. I genitori vorrebbero che nel gruppo i propri figli avessero le stesse attenzioni o vizi che hanno in famiglia. Non si può. Il gruppo è composto da singoli, ma non si possono avere le stesse attenzioni o vizi. Spesso i genitori lo scordano o vorrebbero un occhio di riguardo per il figlio. Se per ovvi motivi questo non succede si pensa che il docente o educatore ce l’abbia con il ragazzo, o con la famiglia. Arrivano alle minacciare e mettere pressione ai maestri e professori,  di parlare con il preside o di ricorrere ai carabinieri, fino ad arrivare agli insulti o alle botte.

Credo che ormai si sia arrivati a toccare il fondo, e che finalmente ci sia una presa di coscienza dello stato educativo in cui versa la Nazione intera in ogni ambito sociale. Pensiamo alla maleducazione imperante giorno e notte nelle reti televisive.  Pensiamo ad alcuni personaggi chiamati appositamente nelle trasmissioni per insultare volgarmente chiunque. Pensiamo a quello che succede negli stadi o nelle tribune delle competizioni sportive di adulti e ragazzi. Pensiamo alla devastazione dei luoghi pubblici, parchi e piazze, ripulite faticosamente e distrutte nel giro di poche ore. Pensiamo a come trattiamo i mezzi pubblici, treni, autobus e metropolitane.

Prendiamo coscienza che l’emergenza educativa è nazionale e riguarda tutti: bambini, ragazzi e adulti, maschi e femmine. Prendiamone coscienza e chiediamo che siano presi provvedimenti di emergenza e che è necessario varare un piano educativo che coinvolga tutti: politici, amministratori, scuole, famiglie,  sindacati, giornalisti, televisioni, comunità religiose, società sportive e ricreative, e tutti i lavoratori.

Mi chiedo ad esempio quanto influiscano  a livello educativo i terribili orari di lavoro a cui vengono sottoposti molti genitori, mamme e papà, che non possono prendersi cura personalmente dei figli demandando ad altri la loro educazione? L’educazione e la cura dei figli chiede tempo, pazienza e calma. Quanto possono essere calmi e pazienti un papà o una mamma che tornano tardi, che hanno quasi tutti i fine settimana impegnati con il lavoro?

I genitori inoltre vanno richiamati, ascoltati, sostenuti e incoraggiati, ascoltati. Ne hanno estremamente bisogno. E’ vero che nel nostro orario ci sono 80 ore di lavoro annuali da ripartire nelle attività funzionali all’insegnamento, ma queste sono dedicate a riunioni collegiali e commissioni. Pochissime ore, sei nel mio istituto, riguardano il colloqui generali. Se poi ho necessità di parlare con un genitore, lo convoco in orario extra per me, non retribuito. Lo faccio perché è necessario e lo ritengo giusto, ma non ritengo giusto che lo faccia gratuitamente. Non è professionale che lo faccia su base volontaria, perché è una necessità e un dovere inerente l’azione educativa.

Si dice che bisogna fare una riforma delle scuola. Negli ultimi decenni tutti i governi hanno provveduto a fare delle riforme nella scuola, con il bel risultato che abbiamo sotto gli occhi. Anche se solo a sentir dire una nuova riforma della scuola mi si accappona la pelle, credo che sia necessaria farne una seria, che parta dall’ascolto vero, profondo dei docenti, che sanno che cosa va bene e cosa va male. Noi possiamo proporre nuove soluzioni, possiamo sperimentarle e correggerle. Non si può pensare che tutto possa andar bene in tutte le realtà.  Abbiamo bisogno di riflettere con calma e di tempo.

Non si può pensare di fare una riforma scolastica in pochi mesi senza sentire i docenti, o far finta di sentirli. Il fallimento e lo scontento delle ultime riforme è dichiarato. Non si può continuare così. Solo con la riflessione e il coinvolgimento di tutti si potranno mettere in campo azioni educative veramente efficaci che cambino le sorti di questo Paese. 

 

 

 

 

 

 

Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne

DSC_0259
Melagrana

Oggi è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.  Desidero dare il mio contributo e mettere in rilievo l’importanza della prevenzione e dell’educazione

. Più che le parole servono i fatti e modelli educativi validi. Ai bambini e alle bambine da subito va insegnato, giorno per giorno, attimo per attimo, senza mollare mai la presa,  l’esercizio del rispetto nei confronti degli altri.

Va insegnato che si può discutere e litigare senza alzare le mani e i piedi, senza insultare l’interlocutore. Va insegnato che siamo tutti diversi,  ma non per questo nemici e avversari.

Va insegnato il valore dell’istruzione, che talvolta è faticosa, ma alla fine porta sempre dei benefici nella vita delle persone. L’istruzione cambia in meglio la vita della gente.

Va insegnata e coltivata l’indipendenza economica.  Soprattutto quella delle donne. Molte non hanno il coraggio di allontanarsi da matrimoni e situazioni difficili perché non si hanno le risorse economiche.

Va insegnata l’educazione finanziaria che ci porta a risparmiare e a pensare al futuro, e se qualcuno usa il ricatto nel mondo del lavoro, si può avere la libertà di sbattere la porta in attesa di trovare qualcosa di meglio.

I modelli educativi sono più importanti di tanti discorsi. Quanto sono stati importanti i miei genitori! Mia madre mi ha insegnato a non farmi mettere mai i piedi in testa da nessuno e mi spinto a continuare a studiare nonostante le grandi difficoltà iniziali. Mio padre mi ha insegnato l’onestà, il valore del lavoro e del risparmio. Invece il giovane vice parroco del mio paese quando mi diplomai mi invogliò subito a fare i concorsi per insegnanti. Lavora, lavora sempre, anche se dovessi sposare uno ricco, anche se dovessi avere tanti figli, perché lavorando potrai sempre spendere i tuoi soldi e non doverli chiedere a nessuno.

Diario di una maestra.1

lezioni
innovaformazione.net

Novembre è a due terzi del suo percorso e non ho scritto neanche un post.

Non è che mi siano mancate le idee e gli argomenti. Però le incombenze scolastiche hanno preso il sopravvento!  A dire che novembre non contempla riunioni come  collegio dei docenti o di  interclasse.  Oltre le mie 24 ore settimanali di presenza a scuola in questo mese ho conteggiato, me le sono proprio segnate sull’agenda, dalle 10 alle 13 ore di lavoro a casa, di cui almeno 3 la domenica.  In tutto sono 34-37 ore settimanali.

Nonostante il mio impegno, purtroppo, ho ancora una montagna di lavoro arretrato da sbrigare. Diciamo che ad un certo punto dico basta e chiudo tutto e faccio altro. Anche, se qualunque cosa faccia dopo,  il cervello per un’ora buona non si stacca dal pensiero scuola. Le ore che del lavoro a casa  non sono un’opzione, ma rientrano nei compiti dell’insegnante. Per svolgere bene il mio lavoro devo preparare accuratamente la lezione generale, preparare dei lavori extra per i bambini in difficoltà e per quelli che sono velocissimi. I compiti vanno corretti uno per uno, soprattutto se sono dei testi svolti dall’alunno. Vanno valutati e occorre registrare la valutazione sul registro elettronico che è visibile alle famiglie. Inoltre spesso devo preparare delle o relazioni sugli alunni in o progetti per la qualunque e relazionare sugli stessi progetti.

Marito mi guarda sbigottito e dice che gli  scorsi  anni non mi vedeva così impegnata. E’ vero,  avevo solo una materia, l’inglese, e per certi versi era più semplice da insegnare. Avevo però più riunioni scolastiche: in ogni classe che avevo c’erano almeno due bambini in difficoltà e un bambino con il sostegno, per ognuno di loro c’è almeno una riunione con i genitori e specialisti a quadrimestre. Avevo otto classi, per cui circa 50 ore di riunioni dedicate ai casi dei bambini. Marito poi non mi vedeva lavorare molto a casa  perché lo scorso anno svolgevo il lavoro di mattina presto, allora in cui lui dorme ancora. Quest’anno pur svegliandomi presto non riesco a mettermi al lavoro all’ora della sveglia del gallo! Infatti la maggior parte delle volte entro a scuola dopo la ricreazione, quindi faccio colazione e mi metto a lavoro dalle 7,30 alle 9,30.

Nonostante tutto devo dire che sono contenta di aver cambiato,  dopo 10 anni gli argomenti erano sempre gli stessi e non avevo più stimoli. Anche se sto lavorando tanto e sono sempre in arretrato, sto avendo tante soddisfazioni con i bambini e le famiglie. Mi rendo conto che sto cambiando modo di insegnare e ho un nuovo approccio nei confronti dei bambini e delle lezioni. Una cosa è entrare in una classe per 2-3 ore settimanali, e un’altra è stare in una classe per 21 ore. Nel primo caso l’insegnante che ha poche ore si deve adeguare, nei limiti del possibile, alle indicazioni dettate dai docenti che hanno più ore, nel secondo caso sei tu che devi dettare le regole principali e preoccuparti di comunicarle e condividerle con gli altri insegnanti. Diciamo che nel primo caso con due urlate iniziali e due occhiatacce riuscivo ad avere ragione della disciplina  della classe. Ora devo dedicare molto tempo alle spiegazioni delle regole,  dedico tanto tempo alla mediazione dei conflitti, spiego le ragioni di certe decisioni o non di altre.

Inoltre devo tener conto che nelle ore pomeridiane siamo tutti più stanchi e che le attività richiedono più concentrazione. Tutte le attività, anche quelle più soft come musica e arte. L’attenzione è più ridotta e la pazienza pure.

Il venerdì pomeriggio di 3 settimane fa sono uscita da scuola a pezzi. Alla fine della lezione ero senza voce, incavolata nera con me stessa. Avevo urlato tanto per tenere la disciplina. Un vero fallimento. Tornata a casa, ancora dopo due ore non riuscivo a parlare. Aprivo la bocca, muovevo le labbra e non usciva niente, né la voce né alcun suono. Dentro di me urlavo: BASTA! Non posso continuare così, non arrivo neanche a Natale! Allora mi sono concessa due giorni di riposo assoluto, meno male che rientravamo martedì 2 novembre! Ho fatto il punto della situazione e ho capito che dovevo assolutamente cambiare approccio. Dovevo cambiare io. Fortunatamente sono incappata, per caso, in un post della professoressa Isabella Milani. Poi ho letto parecchi suoi post e ho comprato il libro cartaceo L’arte d’insegnare. Dedicherò a questo libro un post a parte. Dico solo che ho iniziato un nuovo percorso e iI nuovo approccio sta dando buoni frutti. Infatti venerdì scorso alle 16,30 non ero esausta, avevo tutta la voce e sono riuscita a parlare, uno alla volta con quattro genitori! E sono solo all’inizio!

Ora vi lascio. Uh, quanto è lungo questo post!

Vi auguro una buona domenica e uno splendido inizio di settimana.