Quest’estate mattacchiona con i suoi sbalzi umorali ce la ricorderemo anche fra dieci anni. Son passati undici anni, ma non scordato l’estate del 2003 con i 35°gradi fissi, giorno e notte, per tre mesi di fila. Credo che nessuno l’abbia dimenticata. Però, non ricordo un solo avvenimento italiano o mondiale, legato a quell’anno. Ricordo solo che ad un certo punto erano finite le scorte di ventilatori e climatizzatori.
Quest’anno invece ci sono troppi avvenimenti difficili da scordare. I morti della guerra in Terra Santa, Siria, Israele e Palestina, l’aereo civile abbattuto in Ucraina, le stragi ripetute di migranti, la nave Concordia che finalmente va via dall’Isola del Giglio, la lunga gestazione per avere una nuova forma del parlamento. Insomma, chi più ne ha più ne me metta. Non si ha un giorno di tregua. I toni e le tinte di quest’estate sembrano sempre grigie, talvolta addirittura nere.
Per non annegare in questo mare di pessimismo io leggo. Letto o rileggo, stranamente , non romanzi che mi fanno evadere, non polizieschi o thriller, visto che la cronaca abbonda di casi insoluti. Preferisco i libri d’incoraggiamento, come li chiamo io. Libri che analizzano la situazione e che mi dicono che non tutto è perduto, mi fanno venire idee brillanti. Idee che non realizzerò mai, ma che già il fatto che mi siano venute in mente è una gran cosa. Il cervello funziona, la creatività c’è ancora. Qualcosa di diverso si può fare e forse lo realizzerò.
Ho riletto, questa volta con calma, il libro La vita è un viaggio di Beppe Severgnini. Un giornalista che amo molto per la sua schiettezza, che osserva e scrive dei pregi e difetti di noi italiani, non dà soluzioni, però fa vedere come altri italiani sparsi per il mondo hanno trovato le risposte alle loro domande.
Di questo libro mi sono particolarmente piaciuti i capitoli dedicati all’insegnamento e alla resilienza. Nel primo mi ci sono ritrovata fino al collo. E’ vero che le nostre scuole sono quel che sono, ma che se mettiamo amore e convinzione nel nostro quotidiano operare, cambiamo la vita dei nostri alunni. Anche se abbiamo pochi mezzi. Ci siamo sempre noi con il nostro modo di essere e la nostra voce. Ci sono quei bambini. Ora, domani ce ne saranno altri. Noi li possiamo toccare e indirizzare quotidianamente. Li possiamo far volare o far cadere a terra. Bella responsabilità!
Il capitolo dedicato alla resilienza mi è caro perché mi sento molto resiliente. Ho capacità di rimbalzare, e di resistere agli urti. Questa dote, ha ragione Severgnini, è tipicamente italiana. Infatti, la noto anche in quelli che mi stanno attorno. Forse a volte siamo troppo resilienti. Diciamo: tanto resiste, tanto resiste, ma se poi non si prendono i giusti provvedimenti i muri crollano e qualcuno muore sotto le macerie. Bisogna essere resilienti sì, ma con giudizio.