
È domenica e dalla finestra vedo un cielo grigio chiaro, da circa mezzora ha iniziato a piovigginare. I miei muscoli e le articolazioni mi avevano avvisato in gran anticipo che per alcuni giorni mi sarei dimenticata delle belle giornate soleggiate, e così è stato. Il corpo non mente mai.
Oggi è la Domenica della Divina Misericordia, anticamente chiamata Domenica in Albis, una festa introdotta nel 2000 da Giovanni Paolo II, che liturgicamente si festeggia la prima domenica dopo Pasqua.
La Pasqua quest’anno è stata completamente diversa da quella degli anni precedenti. Durante il Triduo Pasquale, dal Giovedì Santo al giorno di Pasqua, essendo il periodo più importante dell’anno liturgico, come la maggior parte dei cristiani, lo vivevo praticamente in chiesa. Quest’anno invece, visto che giustamente le disposizioni nazionali per il contenimento del coronavirus non permettevano di svolgere i riti in assemblea, li ho devotamente seguiti in tv. Certo non è stata la stessa cosa, eppure li ho seguiti attentamente, concentrandomi profondamente sul mistero della Morte e Resurrezione di Gesù Cristo e soprattutto sul significato che ha per me questo Mistero. Per aver letto male l’orario mi sono persa l’Ostensione straordinaria della Sindone, ci sono rimasta male, perché da sempre sono intimamente convinta che l’Uomo della Sindone sia davvero Gesù. L’analisi del carbonio14 dice che è un lenzuolo medioevale, ma altre analisi, come quella dei pollini dicono che è autentica. Insomma il mistero continua.
Dicevo che ho seguito tutte celebrazioni di Papa Francesco, compreso l’Angelus di ogni domenica. Il 25 marzo ho raccolto l’invito di pregare il Padre Nostro insieme a tutti i cristiani per invocare Dio per la fine della pandemia.
Il 27 marzo ho seguito con emozione Papa Francesco che pregava in piazza San Pietro vuota e lustra di pioggia, in un silenzio irreale, spezzato dalle sirene delle ambulanze. Papa Francesco era lì, fisicamente solo, benediceva la città e il mondo, urbis et orbis, ma era accompagnato nella preghiera da milioni persone in ansia per la pandemia.
Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.

Su questa barca ci siamo tutti, ma ognuno la vive in maniera diversa, con i mezzi che ha, materiali e spirituali. Alcuni hanno entrambi, tanti non hanno né l’uno n’è l’altro. Vivere questa pandemia è difficile per tutti, ma per alcuni lo è ancora di più. Sono grata perché, nonostante le difficoltà e i momenti neri, a casa abbiamo entrambi i mezzi. Noi stiamo a casa, ma non dimentico che molte famiglie, anche alcune dei miei alunni, si sono ritrovati improvvisamente in difficoltà. Non lo dimentico mai.

Ho seguito tutti i riti della Settimana santa: la Coena Domini del Giovedì, la Via Crucis del Venerdì. Ho seguito la lunga Veglia pasquale del Sabato, la Messa e la Benedizione Urbis et Orbi della Domenica di Pasqua. Seguo la messa quotidiana di Papa Francesco trasmessa da Santa Marta, ma se rimanessi davvero chiusa nel mio egoismo a cosa servirebbero tutta devozione? Se le preghiere non sono accompagnate dalle opere a che serve? Così lascio una spesa sospesa in bottega, compro una bombola del gas per o gli assorbenti. Faccio tutto questo in anonimato, nessuno mi deve niente e nessuno mi deve niente. E’ giusto così.

Ogni sera passo alcune ore al telefono, chiamo le chiamo le famiglie più in difficoltà. C’è chi è separata in casa e sta vivendo le pene dell’inferno. C’è chi era andato ad accudire il padre morente nella sua nazione d’origine e non può tornare. C’è chi ha perso il lavoro, chi ha quattro figli in età scolare e un computer, chi ha il computer e non lo sa usare. C’è chi ha la mamma positiva al corona virus ed è stato pure lui sottoposto al tampone, non dal cavo faringeo ma dalle narici, ed è terrorizzato al pensiero di ripeterlo. C’è chi piange pensando ai compagni e alle maestre e dorme con i genitori.
Siamo tutti nella stessa barca con mezzi diversi per superarla, ma nessuno dall’esterno può dire come te la stai cavando.
Sui giorni del coronavirus ho scritto anche questi post
- Il coronavirus è come il rock viaggia senza passaporto
- I giorni del coronavirus: i sempre più incalzanti decreti del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
- I giorni del coronavirus: cronaca dell’ultimo giorno di scuola
- I giorni del coronavirus: la mia esperienza di maestra alle prese con la didattica a distanza.
Qui da me a Milano non ho visto nessuna possibilità di lasciare la spesa sospesa… o cassette fuori dove lasciare viveri non deperibili per chi ne ha bisogno, come ho visto in TV e mi confermi fai pure tu.
Credo che ci stiamo tutti muovendo su due fronti proteggere la salute fisica e quella mentale, con diverse strategie e risultati.
Oggi noi festeggiamo la Pasqua Ortodossa.
Un caro abbraccio
La Pasqua ortodossa: conosceremo il giorno in cui tutti i cristiani la festeggeranno lo stesso giorno? Io spero di sì.
Buon proseguimento di quarantena, sembra che noi in Sardegna ci stiamo avvicinando alla fine del lockdown, anche se purtroppo non si rientrerà a scuola.