Ora et labora

Non sarà facile dimenticare la giornata di ieri. Ci siamo alzati presto, il cambio d’orario ci scombussola sempre un po’. Infatti anche mio marito, che di solito si sveglia molto dopo di me, era alzato e preparava la colazione. La tv accesa era accesa su skytg24. Avevo appena chiuso la porta del bagno e l’ho sento imprecare a voce alta. Pensavo che stesse dando la caccia alle mosche, purtroppo in questo periodo sono molte e parecchio fastidiose. Preoccupata però dalle sue esclamazioni continue, evidentemente non erano le mosche che lo infastidivano, ho fatto una doccia veloce e in accappatoio mi sono presentata  in cucina.

Un’altra terribile scossa aveva colpito le zone già martoriate ad agosto e mercoledì scorso. In TV in quei primi momenti dicevano che la scossa era del 7.1. Ricordavo fosse il grado del terrificante terremoto di Messina del 1908. Allora ho controllato se mio nipote che sta in Emilia-Romagna fosse in linea su wathsapp.  Pensavo -Se ha sentito le scosse del 26 ottobre figurati se non ha sentito questa che è 7.1. Come minimo sarà venuto giù qualche palazzo pure lì.- Invece lui mi ha tranquillizzato subito, la scossa lo aveva svegliato, ma secondo lui non era di quel grado. Infatti poco dopo mi manda una rilevazione quasi corretta. Siamo stati a messaggiare tutto il giorno e in serata l’ho chiamato e poi ho sentito pure mia sorella che ovviamente è preoccupata, ma insomma tiene botta. Si può immaginare! La Sardegna non è terra sismica, ma anche noi abbiamo paura dei terremoti che subiscono i nostri cari o amici.

Siamo stati a casa tutto il giorno perché non stavamo bene, la sera prima avevamo colto le melagrana con mia suocera e abbiamo preso freddo. Soprattutto io avevo mal di gola, le ossa a pezzi, ma niente febbre. La miglior cura era quella di prendere un blando  antinfiammatorio e stare a casa a riposo. Così abbiamo trascorso la giornata tenendoci costantemente aggiornati sul terremoto. Abbiamo visto in diretta venir giù la chiesa di San Benedetto di Norcia, le suore che venivano soccorse dai vigili del fuoco, i frati che pregavano in ginocchio in piazza, la giornalista di sky che era scesa in al bar a fare colazione che per due ore non ha smesso di parlare. Tutti erano confinati nella piazza e non potevano andar via. Le scosse si ripetevano e si ripetono in continuazione.

Le foto e i video condivisi con ogni mezzo di comunicazione mi lasciano sgomenta e incredula sul fatto che non si contano vittime. Solo poche decine di feriti.

Ho visto centinaia di foto e alcune le ritengo emblematiche.

A firefighter, left, andan alpine soldier look at rubble in the hilltop town of Amatrice as an earthquake with a preliminary magnitude of 6.6 struck central Italy, Sunday, Oct. 30, 2016. A powerful earthquake rocked the same area of central and southern Italy hit by quake in August and a pair of aftershocks last week, sending already quake-damaged buildings crumbling after a week of temblors that have left thousands homeless. (Massimo Percossi/ANSA via AP)
(Massimo Percossi/ANSA via AP)

Questa è la foto che preferisco. Un alpino e un un vigile del fuoco di fronte alla devastazione di Amatrice. Trasmette tutto lo sgomento del momento.  Sarà possibile riportare tutto all’origine?  Quanti soldi occorreranno? Quanto tempo ci vorrà? Da dove bisogna cominciare? Mi piace anche perché sono un alpino e un vigile del fuoco. L’unione fa la forza. Nessuno ce la può far da solo. Tutti abbiamo bisogno di tutti.

 

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ANSA

Questa foto mi colpisce perché tutte le strade sono bloccate. Ogni direzione è preclusa. Per andare avanti bisognerà fermarsi e raccogliere ogni pietra e rimetterla al suo posto. Anche nella vita quando siamo bloccati per andare avanti dobbiamo fermarci e fare declutering. Eliminare  le cose  inutili, salvare le cose importanti, e iniziare a costruire tutto in maniera più solida. Ci può essere d’aiuto la regola di San Benedetto: ora et labora. Anche chi non è religioso la può  fare propria trasformandola in medita e lavora, pensa e lavora. Non bastano solo le preghiere, ma non basta neanche il lavoro fine a se stesso.

 

foto-montagna-spaccata
Foto di Sky

Questa foto del monte spaccato mi fa ha fatto capire che cosa è il terremoto a livello geofisico. La montagna che si spacca. Mio marito dice che prima o poi il pezzo superiore della crosta terrestre franerà  giù. Tramite questa foto ho capito che la gente che vive in quelle zone, dolorosamente non potrà stare lì. Almeno fino a quando le scosse non diminuiranno di numero e d’intensità. Non si può pensare di mettere a repentaglio la propria vita e quella dei soccorritori. Credo che alla fine il buon senso prevarrà . Non è una deportazione, ma un mettersi in sicurezza per riprendere fiato e riposare dopo due mesi allucinanti. Come le greggi che vanno a svernare in pianura e poi tornano in primavera. Così sarà anche per la gente umbra e marchigiana. Torneremo a mangiare l’Amatriciana ad  Amatrice, il prosciutto Norcino a Norcia, le Lenticchie a Castelluccio. Ancora non sappiamo quando, ma lo faremo.

Ora et labora.

7 pensieri riguardo “Ora et labora

  1. Quel monte, speranza , è il niente vettore, una delle cime più alte dell’Appennino. Io vengo da lì. Il mio sangue è per 3/4 di castelsantangelo e il Vettore è nostro padre. Siamo feriti a morte.

  2. Noi a Roma ci siamo spaventati parecchio, mi chiedo da qualche giorno cosa possa provare chi era lì nelle zone dell’epicentro se io, a chilometri di distanza, ho avuto così tanta paura 😦

  3. Brividi, davvero.
    Siamo tutti sotto shock, nessuno morto perché erano tutti via.
    Luoghi da me tanto amati, e la gente ora ha davvero paura.
    Bellissima la foto dell’alpino e il vigile del fuoco grazie per averla postata.

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