La storia è che mio suocero è da una settimana nuovamente in ospedale. La situazione sta precipitando. Le metastasi se lo stanno mangiando e sono arrivate ai polmoni. Non sta mangiando nulla o quasi, però è ancora in grado di camminare e di arrabbiarsi. Di chiamare alla moglie all’alba perché quell’ospedale non gli piace. Vuole tornare al suo ospedale, dove tutti lo conoscono e lo coccolano come un bambino. Non che non abbia ragione, quell’ospedale è tetro, i vicini di letto sono più mal messi di lui e domenica nella stanza di fronte è morto un suo conoscente. E questo certo non risolleva il morale. Oggi almeno stava un po’ meglio, ma non ci illudiamo. Sappiamo che è un fuoco di paglia. E noi stiamo un po’ qui e un po’ lì.
La speranza non si perde mai, fino all’ultimo ed è una fortuna che siamo “programmati” così.
Un abbraccio
E’ pazzesco quanto siamo attaccati alla vita. Ed è bello così.
Ti abbraccio anch’io, in questi casi un hospice dedicato ai terminali è una manna: stanze singole con accesso consentito a qualsiasi ora ai visitatori, e addirittura un posto letto per un parente in stanza e pasti. A me ha aiutato tanto.
Penso anche io l’hospice sia la soluzione migliore. Ma non dipende da me, sono i figli che devono decidere. Grazie per la vicinanza.
Certo, giustissimo, quella della nuora è una posizione molto delicata, ma sono certa che tu ti comporterai al meglio e saprai essere vicina e di conforto a tutti.
🙂
Mi dispiace tanto. Un abbraccio.
Grazie